28 Novembre 2013

FOCUS – Quello strano paradosso

di Nunzio Corrasco.

In casa Inter è ancora molto grande il rammarico per il pareggio rimediato in quel di Bologna e il conseguente mancato aggancio al terzo posto. Una partita dominata in lungo e in largo dalla squadra nerazzurra, che avrebbe ampiamente meritato la vittoria ma, complici le parate di Curci, l’imprecisione sotto porta ed una certa dose di sfortuna (due traverse colpite), torna a Milano con un solo punto e con tanti rimpianti per l’occasione sprecata.

La sfida del Dall’Ara però, ci offre interessanti spunti di riflessione; cominciano infatti a delinearsi in maniera evidente le qualità e i limiti dell’Inter di Mazzarri. Innanzitutto è importante notare come l’Inter abbia, dopo 13 giornate, il miglior attacco del campionato con 30 reti segnate e addirittura 11 marcatori differenti. Questi dati testimoniano come la Beneamata abbia trovato finalmente una sua identità, un gioco riconoscibile ed una manovra offensiva fluida che permette a diversi calciatori di andare in rete. Leggendo i numeri dunque si potrebbe tranquillamente affermare che i problemi della squadra nerazzurra non sono certamente riscontrabili nel reparto offensivo. In realtà spesso le statistiche non fotografano fedelmente lo stato dei fatti, ma ci permettono di guardare solamente una faccia della medaglia.

Lo strano paradosso della stagione interista sta nel fatto che pur avendo il miglior attacco del campionato, molti dei punti che la squadra ha gettato al vento in diverse trasferte, sono dovuti proprio a dei limiti strutturali dell’attacco nerazzurro. L’Inter crea moltissime occasioni da gol nel corso delle partite, ma ha una bassissima percentuale realizzativa; in alcuni frangenti sembra essere eccessivamente legata alla buona vena di Palacio. Se il Trenza non segna infatti, le difficoltà della squadra aumentano; solo in due occasioni (Fiorentina e Livorno) abbiamo ottenuto i tre punti pur non potendo contare sulle reti dell’attaccante argentino. La netta sensazione è che il Trenza abbia bisogno di “una spalla“, di un compagno di reparto, una prima punta che possa consentirgli di tornare a svolgere il ruolo di seconda punta, svariando su tutto il fronte d’attacco. L’Inter di Mazzarri ha bisogno di un ariete, di un calciatore che possa finalizzare l’enorme mole di gioco della squadra, in modo da non far gravare l’intero peso del reparto offensivo sulle spalle dell’ottimo Rodrigo. È questo l‘ultimo ma decisivo tassello da inserire per la crescita della creatura “mazzarriana”.

Molto interessanti in questo senso sono state le parole dell’ex Capitano nerazzurro Giuseppe Bergomi, il quale intervenendo sulla questione ha dichiarato: “Migliorare questa rosa non è semplice, la squadra sta giocando bene, con intensità, pericolosità, segna tantissimo, porta in area molti calciatori, fa fare gol anche a Jonathan e Nagatomo. Vedo una squadra che cerca di fare sempre il gioco, a Bologna è stata una partita stregata. Il vero salto di qualità, al di là del mercato, questa squadra potrà farlo quando riuscirà a giocare con i due attaccanti insieme, il che porterà il problema di far scivolare fuori uno tra Guarin e Alvarez“. Agli occhi di chi scrive, lo “Zio” ha centrato in pieno il tema; la vera sfida di Walter Mazzarri sarà in futuro quella di inserire al fianco di Palacio un’altra punta, sacrificando Alvarez o Guarin (alla luce delle recenti prestazioni il colombiano sembra il maggior indiziato).

Chiaramente allo stato attuale, il tecnico è impossibilitato a realizzare qualsiasi tipo di modifica a livello tattico a causa della mancanza di attaccanti, o meglio di prime punte, a disposizione. Al momento infatti l’allenatore di San Vincenzo può contare sul solo Belfodil oltre al solito Palacio; l’attaccante franco-algerino però, agli occhi di Mazzarri e probabilmente anche della società che lo ha acquistato, è una seconda punta e dunque a livello di caratteristiche viene considerato il sostituto naturale di Palacio. Fino al mercato di gennaio dunque bisognerà forzosamente continuare sulla strada dell’unica punta (a meno che il Mister non decida di dare più spazio a Belfodil, concedendogli una chance da titolare), nella speranza che il Trenza continui a fornire quelle prestazioni di altissimo livello alle quali ci ha ormai da tempo abituati.

Nelle ultime partite Walter Mazzarri ha deciso di schierare Guarin a supporto di Palacio, impiegando Alvarez da interno sinistro di centrocampo; il tecnico toscano non si fida appieno del calciatore colombiano, non lo considera abbastanza maturo dal punto di vista tattico e per questo preferisce utilizzare Ricky Maravilla a centrocampo. L’argentino riesce a garantire maggiore copertura rispetto al Guaro, mentre il colombiano, in una posizione maggiormente avanzata, può dedicarsi quasi esclusivamente alla fase offensiva. La scelta fatta da Mazzarri sembra però avere due controindicazioni; da un lato è stato interrotto, in modo forse prematuro, quel tentativo di far crescere il colombiano nel ruolo di mezz’ala. È proprio da interno di centrocampo infatti che Guarin deve e può affermarsi se vuole finalmente diventare un centrocampista completo, compiendo quell’ultimo (ma decisivo) salto di qualità che gli consentirebbe di consacrarsi a livello europeo. Dall’altro lato invece, l’arretramento di Alvarez ha depotenziato il talento argentino. Ricardito è stato indubbiamente uno dei calciatori più brillanti in questa prima parte della stagione, uno dei pochi in grado di saltare l’uomo, creare la superiorità numerica, inventare un assist o andare in rete; per questi motivi, allontanarlo dalla porta avversaria appare come una scelta poco comprensibile da parte del nostro Mister.

La nuova Inter di Mazzarri ha dunque dimostrato di essere finalmente una squadra, con un’idea di gioco ed un’identità ben riconoscibili, palesando allo stesso tempo dei limiti evidenti; se alcuni di questi possono essere superati grazie al lavoro del tecnico, altri invece sembrano essere strutturali e per questo possono essere cancellati solo attraverso un intervento sul mercato. Per poter migliorare sia nello sport che nella vita è necessario partire da un dato di fatto: la consapevolezza dei propri limiti. Solo conoscendoli si può intervenire e migliorare. Mentre nella scorsa stagione di fatto non avevamo una squadra e dunque non sapevamo da dove ripartire, dovendo ricostruire da zero, quest’anno abbiamo la consapevolezza di poter contare su un collettivo che ha le idee chiare e segue con grande applicazione lo spartito dettato dall’allenatore. Tutto ciò ci consente di conoscere i nostri limiti, sapendo in questo modo dove intervenire per migliorare la rosa a disposizione del tecnico toscano; non è poco per chi, solo pochi mesi fa, doveva ricostruire dalle macerie.