19 Giugno 2020

Lucio: “Mourinho unico, Conte non ha il dna per allenare l’Inter. Che errore andare alla Juve!”

L'ex difensore brasiliano ha rivissuto le emozioni del Triplete e del suo forte legame con lo Special One

E’ stato uno dei pilastri difensivi dell’Inter di Mourinho che nel 2010 ha conquistato lo storico Triplete. Lucio ora ha appeso le scarpe al chiodo ma l’ex nerazzurro ora studia per diventare allenatore.

Il modello resta Mourinho, come dichiarato ai microfoni de Il Posticipo: “Sì: lo è come allenatore, come uomo e come amico. Mi piace il suo carattere. Ho imparato molte cose all’Inter insieme a José, ad esempio come gestire uno spogliatoio. Fare l’allenatore è difficile, bisogna lavorare con tanti giocatori forti e famosi che provengono da culture diverse: all’Inter c’erano brasiliani e argentini, Eto’o camerunense e Sneijder olandese. Mourinho ha fatto un grande lavoro: è stato lui l’artefice dei successi del 2010 e di quella Inter che ha vinto tutto”.

Il suo addio:Sì, c’è stato un vuoto perché tutta la squadra era abituata al suo modo di lavorare e di confrontarsi, in generale al suo modo di fare. Mourinho ha un carattere forte e vuole sempre vincere e quando non ci riesce si arrabbia: il giorno dopo una sconfitta non parla e quando lo fa è sempre duro. José voleva vincere tutte le partite: che si trattasse di una finale o della prima gara di campionato non faceva differenza, per lui erano tutte importanti: è stato questo il segreto del 2010. È normale che la squadra abbia risentito della sua partenza”.

La chat del Triplete: “Siamo stati un gruppo indimenticabile e per questo motivo siamo sempre in contatto. All’Inter ho giocato con tanti amici come Zanetti, un esempio per tutti i calciatori. Poi con gente di spessore come Sneijder ed Eto’o, Julio Cesar e Maicon che sono amici. Abbiamo in comune un’esperienza stupenda: quella Champions è stata un regalo di Dio. Vincerla è il sogno di tutti i giocatori. Quando sono arrivato in Germania nel 2001 sentivo parlarne sempre. Era così anche al Bayern: loro vincono il campionato ogni anno, per questa ragione l’obiettivo numero uno è la Champions. Tutti i calciatori che giocano in Europa sognano di vincerla. Poi l’Inter ha fatto il Triplete nel 2010: nessuna squadra italiana ci era riuscita prima. Esserci riusciti ha segnato la vita di tutti noi e continueremo a festeggiarlo anche quando saranno passati 15 e 20 anni”.

La finale del 22 maggio:Per me la finale col Bayern. Io scherzavo con la mia famiglia dicendo che non avrei mai vinto la Champions perché era una competizione troppo difficile: più di 30 squadre in gara, un percorso duro per andare in finale. Nel 2010 ce l’ho fatta e mi sono ritrovato di fronte il Bayern con cui avevo giocato fino al 2009, prima che arrivasse van Gaal in panchina: lui non mi voleva, così ho deciso di trasferirmi all’Inter”.

L’addio all’Inter:Sì, io non volevo lasciare l’Inter, ma la società voleva cambiare tutto. I giocatori del 2010 sono andati via e chi non lo ha fatto non si allenava con la squadra principale, ma da solo. Chi comandava voleva che ce ne andassimo: non ho mai capito il motivo. Nell’estate 2012 quando sono arrivato in Brasile ha cominciato a chiamarmi ogni 15 minuti Marco Branca per dirmi che dovevo trovare un’altra squadra. Quando le pressioni dell’Inter si sono intensificate un giorno è arrivata la proposta della Juve: la prima volta dissi ‘no’. Quando mancavano cinque giorni alla chiusura del mercato mi ha chiamato Conte. Mi volevano perché Bonucci rischiava una squalifica di due anni per calcioscommesse. Il mio ex rappresentante mi consigliò di andarci visto che l’Inter mi voleva mandare via. Non avevo altre opzioni: la mia famiglia viveva in Italia e decisi di accettare. Nelle prime 2-3 settimane a Torino però ho capito che era stata una scelta sbagliata: andare alla Juve è stato un errore”.

Conte all’Inter: “Lo considero un buon tecnico, sta facendo un buon lavoro anche se quando guardo le partite e lo vedo penso che non abbia la faccia e il Dna dell’Inter. Questa è una mia opinione ovviamente”.

Su Balotelli:Mario era giovane, aveva una personalità forte e voleva giocare sempre. Un calciatore però deve rispettare l’allenatore e le sue decisioni. Mario è una persona buonissima e ha un grande cuore però quella volta ha sbagliato: non doveva mancare di rispetto a Mourinho e quindi a tutta la squadra. Da tempo il Barcellona non perdeva subendo tre gol. Quando è entrato in campo Balotelli ha calciato via un pallone che avrebbe potuto portare al quarto gol: eravamo in contropiede. Mario non aveva voglia di giocare e di correre: per questo tante gente si è arrabbiata con lui. Avremmo potuto chiudere il discorso qualificazione: il 3-1 era un buon risultato, il 4-1 sarebbe stato buonissimo per andare a giocare Barcellona con più tranquillità. Zanetti, Materazzi e Mourinho sono stati duri con Mario che all’epoca era molto giovane: per questa ragione la squadra ha compreso la situazione e non è sorto un problema ancora più grande”.

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