19 Ottobre 2018

Anche loro diranno “io c’ero”: le meteore del derby di Milano (o, più semplicemente, bidoni)

Un viaggio attraverso i bidoni degli ultimi anni del derby di Milano

Sono giocatori scarsi, che però ci sono arrivati (come ci siano arrivati, non si sa). Li chiamano “meteore”, impropriamente, perché le meteore si sgretolano prima di toccare terra, per via dell’attrito. Loro la terra, o per dirla meglio, il terreno, quello di San Siro, lo hanno invece toccato, e comunque sia sono riusciti a farsi ricordare. Semplicemente, si potrebbero (meglio, si dovrebbero) chiamare col loro nome: bidoni. Ché almeno sappiamo di cosa stiamo parlando. Cerchiamo di capire anche di chi stiamo parlando. Stiamo parlando, non si fosse capito, dei bidoni, appunto, che Inter e Milan non solo hanno visto varcare la sacra soglia del rispettivo spogliatoio, ma che hanno addirittura visto prendere parte a delle stracittadine.

Jeremie BRECHET. Che dire, sembrava uno bravo. S’era fatto tutta la trafila delle giovanili del Lione, s’era fatto pure cinque anni (dal 1998 al 2003) allo stesso club, e poi è passato all’Inter. L’ultimo giorno di mercato, notoriamente un giorno in cui arrivano due tipi di giocatori: 1) il rinforzo insperato e fondamentale per le sorti della squadra; 2) il solito rincalzo usato prevalentemente come riempi-borracce. E Brechet ha svolto perlopiù quest’ultima mansione, non senza guadagnarsi però un gettone in un derby di una stagione in cui il nostro francesino è rimasto praticamente sempre a guardare (appena 9 presenze in campionato). Il 5 ottobre 2003, nella stracittadina persa per 1-3, l’allora allenatore nerazzurro Hector Cuper lo getta nella mischia al 67′, sullo 0-2 per il Milan. Nulla da fare: passano 10 minuti e i rossoneri trovano lo 0-3, reso meno amaro circa un minuto dopo da Obafemi Martins (sì, proprio lui, Oba Oba). Dopodiché, finita la stagione, Brechet, praticamente, sparisce: la sua carriera è tutto un peregrinare tra Real Sociedad, Sochaux, PSV, Troyes, Bordeaux e, infine, Gazelec Ajaccio, club col quale pare aver smesso di giocare la scorsa estate, ritirandosi definitivamente.

Cyril DOMORAUD. Qualcuno se lo ricorda? L’ivoriano, che ormai non gioca più da almeno dieci anni, ha vestito la maglia dell’Inter nella stagione 1999-2000, sotto la guida tecnica di Marcello Lippi. I più dotati in quanto a memoria storica se lo ricorderanno: arriva quell’estate (quella del 1999, appunto) per 8 miliardi di lire, insieme a Laurent Blanc. Entrambi giungono dal Marsiglia con Moratti convintissimo di aver fatto due affaroni. In realtà non ne fa nemmeno uno intero, perché Blanc gioca bene ma è ormai sul viale della vecchiaia, mentre Domoraud si conferma un bidone totale. Gioca però un derby: il 23 ottobre 2009, entra al 37′ minuto su risultato di 1-0 per l’Inter (gol di Ronaldo su rigore). La partita, poi, si concluderà con una vittoria del Milan per 1-2, reti di Shevchenko e Weah, quest’ultima al 90′. La carriera dell’ivoriano, a questo punto – oltre ad un prestito al Bastia – vede esperienze all’Espanyol, al Monaco e al Creteil-Lusitanos, prima di tornare in Costa d’Avorio per gli ultimi anni di carriera. Ah già, dimenticavamo l’esperienza del 2001 al Milan. Zero presenze in campionato, giusto il vanto di essere sì un pippone, ma di poter far morire i propri detrattori con un ancestrale dubbio: ma come avrà fatto questo qui a giocare non in una, ma in entrambe le milanesi?

Gianni COMANDINI. Che poi uno dice: almeno gli altri due giocavano uno nel Lione l’altro nel Marsiglia, insomma società con un certo nome. Ora, non vogliamo togliere nulla al Cesena, al Montevarchi e al Vicenza, ma Comandini – prima di approdare al Milan – aveva pur sempre militato nel Cesena, nel Montevarchi e nel Vicenza. Peraltro sempre in serie inferiori. Ma aveva vinto l’Europeo Under 21 in Slovacchia, e aveva mandato i vicentini in A a suon di gol. Allora il Milan decide di prenderlo, nell’estate del 2000, inconsapevole che in quel momento stava portando a San Siro uno che avrebbe segnato, l’11 maggio 2001, i primi due gol (al 3′ e al 19′ minuto) che avrebbero spianato poi la strada allo 0-6 del Milan sull’Inter. Non basta quella doppietta, tuttavia, a guadagnarsi la conferma a Milanello: passa tre anni all’Atalanta, poi si divide tra Genoa, ritorno all’Atalanta, e Ternana, prima del ritiro avvenuto nel 2005.

Cosmin CONTRA. Prendiamoli, prendiamoli per il culo questi bidoni dei derby. Che poi, magari, diventano pure commissari tecnici della propria Nazionale. E’ il caso di Cosmin Contra, che gioca al Milan nell’annata 2001-2002 e che è più famoso per una rissa pazzesca, iniziata in campo e finita negli spogliatoi, con Edgar Davids (quello che giocava con gli occhiali) in un’amichevole contro la Juventus. Il 21 ottobre 2001 segna il gol dell’1-2 per il Milan nel derby vinto 2-4 contro l’Inter. All’inizio della stagione successiva il Milan lo rifila all’Atletico, e poi farà un po’ il giramondo tra Spagna, Inghilterra, Romania, con un’esperienza in Cina (da allenatore). E ora, come dicevamo, è ct della Romania. Mica scemo.

Vratislav GRESKO. Doveva essere l’erede di Brehme e Roberto Carlos, ma ha concluso la sua avventura interista a rischio-linciaggio, dopo le super-papere difensive che regalarono, all’ultima di campionato, la vittoria per 4-2 della Lazio sull’Inter e la conseguente vittoria dello Scudetto da parte della Juventus (sì, era il 5 maggio 2002…). Sarà pure vero che poi tutti se la sono presa con lui per il campionato perso, ma trovare i capri espiatori è missione semplice per tutti: fatto sta che, da quell’episodio, è universalmente conteggiato tra i protagonisti in negativo della storia dell’Inter, per cui ci adeguiamo. I tifosi si consolino ricordando che Gresko ha giocato titolare nel derby vinto per 0-1 il 3 marzo 2002.

Mohamed KALLON. Se andate a sbirciare su Wikipedia, la prima cosa di cui vi accorgerete è che questo simpatico sierraleonese ha cambiato squadra circa novecento volte nella sua carriera, peraltro giocando in due periodi diversi (2009-2010 e 2013-2016) in una squadra che si chiama come lui: Kallon (e infatti l’ha acquistata lui nel 2002 per 30.000 dollari facendo anche l’allenatore e il presidente, un modo come un altro per giustificare lo stato “Lavora presso se stesso” su Facebook). Tra le altre cose, ha persino avuto il tempo per giocare nell’Inter, prima qualche mese nel 1995, e poi dal 2001 al 2004. Gioca pochissimo, nel 2003 risulta anche positivo ad un controllo antidoping. Fa gol in un derby giocato il 21 ottobre 2001, perso 2-4; gioca titolare in derby giocato il 5 ottobre 2003, perso 1-3.

Ricardo OLIVEIRA. Il costo? 17 milioni di euro. L’incarico? Cercare di non far rimpiangere Shevchenko. Stato dell’esperimento? Fallimento totale. Nell’estate del 2008 (dopo un quinquennio all’Arsenal dove racimola 64 presenze: niente, in pratica) arriva al Milan e dichiara subito: “Non deluderò i tifosi”. La sua esperienza in rossonero si traduce con nessun gol in 14 presenze.

Ezequiel SCHELOTTO. Ecco dov’era finito: è al Brighton & Hove Albion, dopo essersi reso protagonista di un avvenimento che non sappiamo se faccia ridere o piangere. Perché quando succede che un’Inter disastrata come quella di Stramaccioni pareggi un derby grazie ad una rete di Schelotto (al minuto 71′, era entrato al 69′), che al di fuori di Inter e Brighton ha giocato solo a Cesena, Catania, Bergamo, Sassuolo, Parma, Chievo e in quel che resta dello Sporting Lisbona, rende l’idea di quanto sia caduta in basso una sfida tra due club giganti del calcio nostrano.

Hakan SUKUR. Al turco di cui seguiteremo a parlare dev’essere senz’altro capitato di pensare che la vita è veramente brutta. Altrimenti non gli sarebbe venuto in mente – supponiamo – di buttarsi in politica dopo una carriera da giocatore, peraltro nell’intricatissimo terreno politico turco, un campo minato come pochi. Nella sua spola Turchia-Italia, da calciatore, gioca all’Inter nel 2000-2001. Suo il gol del momentaneo 0-1 nel derby del 7 gennaio 2001, pareggiato 2-2.

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