19 Novembre 2012

EDITORIALE – Una domenica da ‘Incompiuta’

di Gianluigi Valente

Vi saranno opere orchestrali più potenti, più grandi, forse, ma nessuna potrà uguagliare l’incanto divino e la grazia celeste dell’Incompiuta di Schubert. E’ come la Pietà Rondanini di Michelangelo, capolavori, perché incompiuti“. Ebbene sì, al pari dell’ottava sinfonia dell’autore tedesco, anche la tredicesima partita dell’Inter in campionato ha assunto i connotati dell’incompiutezza. Una domenica dal retrogusto piuttosto amaro quella vissuta dai nerazzurri, in cui purtroppo non è mancato nulla, dai gol segnati e sbagliati ai rigori non dati, passando per le polemiche, i “se” e i “ma“, le calcolatrici pronte all’ipotetico “27+3” (ops, lasciamo stare il risultato!), i silenzi e le facce nere.

CARPE DIEM? NO, GRAZIE – La cena interista del sabato sera era iniziata con un antipasto appetitoso, ovvero i pareggi inaspettati di Juventus e Napoli: la prospettiva, quindi, di accorciare la distanza dalla capolista senza essere tallonati dalle inseguitrici non sembrava essere un miraggio, date le motivazioni e il potenziale divario tecnico tra le squadre che si sarebbero affrontate l’indomani a San Siro. E invece il calcio ha riservato l’ennesima sorpresa, come se non fossero bastate le beffe interne con Hajduk Spalato, Roma o Siena. Che la partita di ieri sia stata diversa da quelle con le squadre menzionate è abbastanza lampante, ma non si può fare a meno di notare che all’Inter di Stramaccioni, tutto sommato, non piace proprio sfruttare le debolezze degli avversari e affondare il colpo nei loro momenti di difficoltà.  Quel vizio del “non ci piace vincere facile” stenta ad andare perduto, e se da un lato battere a Torino i rivali di sempre costituisce un vanto inestimabile, dall’altro della sconfitta di Bergamo e del punticino risicato con i sardi non c’è affatto da andar fieri.

‘L’INCOMPIUTA’ VERSIONE  1 – Ci sono diverse realtà a cui l’aggettivo in questione può essere riferito: innanzitutto alla squadra. Tra le tante cose che allo spettatore nerazzurro non sono andate giù ieri pomeriggio, c’è sicuramente quell’atteggiamento passivo con cui la squadra del tecnico romano ha affrontato i primi 45′ di gioco. Al di la del gol di Palacio, le occasioni migliori sono state degli encomiabili avversari, che da “presunti piccoli” hanno mostrato di avere tanto carattere e idee chiare. Non sono piaciuti i gol sbagliati da Milito e nemmeno la poca grinta nel pressare gli uomini di Pulga fin dal principio delle loro azioni (caratteristica importante del tridente nelle precedenti uscite). Risultato? Quello col Cagliari è stato un match che ai punti i nerazzurri non avrebbero meritato di vincere e che nel risultato, per fortuna, non hanno perso.

LA VERITA’ DEL CALCIO – Chi mastica di calcio però sa che, per buona pace di mister Zeman, non sempre le partite finiscono come vorrebbero i famosi punti, e il risultato di ieri ne è una prova. Tante, troppe variabili possono influire su una vittoria o una sconfitta: i centimetri che separano la palla dal varcare una linea, un calcio piazzato, un infortunio, una zolla, un fuorigioco, l’errore di un attaccante o un abbaglio dell’arbitro. A questo proposito, se riportiamo alla memoria il Mondiale del 2006 a chi tra i lettori viene in mente il rigore dubbio ma decisivo contro l’Australia? A chi, se pensiamo alla finale di Madrid, torna alla memoria la parata di Julio Cesar a inizio ripresa? Quasi sicuramente tutti ricorderanno il rigore decisivo di Grosso o la doppietta di un fantastico Milito. Così tra i vari episodi che possono influenzare l’andamento di un incontro ce ne sono alcuni che sono più discussi di altri, e il riferimento è a quelli arbitrali. Il motivo è che non esiste nessun regolamento che impone una punizione a un calciatore che sbaglia a porta vuota: segnare diventa una questione di buon senso, diciamo così. Esiste invece un codice calcistico che obbliga un direttore di gara a sanzionare eventuali irregolarità, e in una società come quella che nel tempo si è creata ogni tipo di ‘legge‘ o ‘norma’ va inderogabilmente rispettata. Ecco perché gli arbitri non possono permettersi di sbagliare ed ecco perché ai loro errori ci si appella più facilmente.

‘L’INCOMPIUTA VERSIONE 2’ – La seconda realtà a cui la parola-principe del nostro editoriale può essere riferita è quindi quella delle questione arbitrale. Nelle ultime 24 ore presidenti, siti, tifosi e giornalisti hanno fatto di tutto per mettere sù uno spettacolo di cui avremmo volentieri fatto a meno. Incompiuta, dopo il fantasma di Calciopoli, è la guerra dialettica tra Inter e Juventus; incompiuta è quella sentenza a cui i bianconeri si appellano ogni volta che i nerazzurri denunciano (anche a ragione) qualche torto arbitrale e che anche ieri campeggiava nella homepage di qualche sito; incompiute sono quelle dichiarazioni di Moratti, che probabilmente avrebbe voluto dire anche altro ma che, per non venire meno al suo stile da galantuomo, ha dovuto frenarsi, scurissimo in volto; incompiuta, per terminare, è quella volontà di porre fine, anche solo per quieto vivere, a discussioni del genere.

SPERANZA – Il tunnel in cui ieri il calcio italiano ha dimostrato di essere ancora intrappolato probabilmente non vedrà mai una luce, una via d’uscita, e non saremo certamente noi tifosi e amanti di questo sport a cambiare le cose. C’era però qualcuno che sosteneva che nella vita ogni elemento va sulla bilancia e mostra un equilibrio sostanziale: ecco, forse a chi guarda lo sport dal divano di casa propria non resta che sperare che la famosa bilancia mostri quell’equilibrio prima o poi. Dopo tutto il calcio è strano e può capitare anche di vincere 1-0 giocando la peggior partita del mondo. Nel frattempo sguazziamo nell’incompiutezza…

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