25 Ottobre 2014

FOCUS – Vite da numeri 12: Da Toldo a Carrizo, dieci anni da “secondi”.

Focus Carrizo

Per un calciatore, si sa, giocare con costanza è fondamentale per parecchi, tanti, forse anche troppi motivi. La lunga stagione ed i tanti impegni danno quasi sempre la possibilità a quasi tutti gli elementi in rosa di mettersi in luce, anche solo per qualche scampolo di partita o per qualche gara dove è appunto necessario far ruotare gli elementi disponibili in vista dei tanti incontri ravvicinati. Il secondo portiere invece, sembra vivere la propria solitudine anche quando non si trova a difendere i pali. Stai li, in panchina, sapendo che, al contrario dei compagni fortemente interessati alle dinamiche del match, salvo catastrofiche situazioni, difficilmente verrà chiamato in causa. Eppure in qualche modo, dentro sè stesso, sa che quel gruppo non può proprio fare a meno di lui: il ruolo dell’estremo difensore è un ruolo delicatissimo, legato più alla forza mentale che a quella fisica. Un ruolo che richiede costanza, dedizione, e, nel caso dei numeri 12, lucidità e carisma: entrare a gara in corso, o giocare una volta ogni venticinque-trenta gare, è più difficile di quanto possa sembrare. Da spettatore non pagante, ti ritrovi protagonista. Dalla platea al palco, con il ruolo di primo tenore: non una passeggiata. A ciò va aggiunta la necessità di guidare la difesa da leader, suscitando la stessa fiducia del portiere titolare, il padrone di casa indiscusso.

GLi ultimi dieci anni di storia nerazzurra, oltre che dai tanti successi, vanta una collezione di secondi estremi difensori da fare invidia ai migliori club europei. Il nostro viaggio tra i numeri 12 nerazzurri inizia dal 2005, dove a raccogliere la carica di secondo portiere è uno dei più grandi portieri italiani degli ultimi vent’anni. Francesco Toldo, protagonista indiscusso dell’Europeo del 2000, di quell’Italia-Olanda capace di offrire al mondo intero le gesta di un gigante buono capace di regalare emozioni incredibili. Dopo una serie di buone stagioni da titolare con il numero uno sulle spalle, Toldone passa il testimone al brasiliano Julio Cesar, oggetto misterioso arrivato in Italia dal Flamengo e reduce da sei mesi d’ambientamento al Chievo Verona. L’impatto di Julio sarà devastante: assoluto protagonista dei successi nerazzurri dall’era Mancini in poi, difenderà la porta nerazzurra fino al 2012, anno dell’arrivo di Samir Handanovic. E Toldo? Toldo diventa, oltre che un secondo portiere di assoluta affidabilità, un vero e proprio uomo spogliatoio: nello storico Triplete nerazzurro c’è qualcosa anche di suo, senza ombra di dubbio. Memorabili rimangono i festeggiamenti di Madrid, con l’ormai brizzolato Francesco quasi commosso assieme ai senatori nerazzurri e ad un Josè Mourinho che ne ha sempre vantato le doti umane e sportive.

Fine 2010: salutato Toldo, nuova spalla di Julio Cesar diviene Luca Castellazzi: per l’ex portiere della Sampdoria si tratta, almeno geograficamente, di un ritorno a casa, essendo originario di Gorgonzola, comune vicino a Milano ed al quartier generale nerazzurro. Castellazzi arriva all’Inter non più giovanissimo, ma reduce dall’importante inizio di stagione con la maglia numero 1 della Sampdoria, ceduta a stagione in corso a Marco Storari a causa di un brutto infortunio. Castellazzi, nella prima stagione da nerazzurro, sarà un falso secondo portiere: a causa dei tanti problemi fisici che hanno tormentato l’annata del titolare Julio Cesar, il gigante di Gorgonzola ha avuto la possibilità di mettersi in mostra in più occasioni, risultando a volte anche decisivo anche a gara in corso. Nella stagione successiva continua a rispondere presente in più di una circostanza: memorabile il calcio di rigore parato con i piedi a Denis, nei minuti finali di un concitatissimo Atalanta-Inter. Luca è forse il vero emblema di cui parlavamo all’inizio: mai una polemica, mai impreparato, sempre presente e decisivo, anche in due minuti di partita. Portiere reattivo, particolarmente bravo tra i pali, famoso all’interno dello spogliatoio per la grande eleganza e la grande passione per la moda, ricopre il ruolo di secondo portiere nerazzurro per tre anni, fino all’arrivo in nerazzurro dell’argentino Juan Pablo Carrizo.

Passiamo quindi all’ultimo protagonista del nostro cammino, l’argentino Carrizo. La storia di JPC è quasi incredibile: da nuovo fenomeno argentino, portato in Italia dalla Lazio dopo un importante investimento economico (l’acquisto più oneroso dell’era Lotito fino ad allora) a riserva sia di Marchetti che di Bizzarri nel giro di pochi anni, con tante maglie cambiate a caccia dello smarrito talento che lo inquadrava come uno tra i migliori prospetti sudamericani. Il periodo più nero di Juan Pablo sarà il ritorno in prestito al River Plate, squadra nella quale militava prima del passaggio alla società romana. Saranno mesi infernali: tra la lite con l’allenatore dei portieri Fillol e grossolani errori (clamoroso quello nel match contro i rivali storici del Boca Juniors), i Millonaros retrocedono e Juan Pablo torna in Italia: la luce torna a risplendere in Sicilia, dove tra le fila del Catania si riscopre numero uno affidabile e pararigori. Il resto è storia recente: l’Inter lo acquista nel gennaio del 2013, affidandogli il ruolo di vice-Handanovic al posto di Castellazzi, divenuto terzo “guardiano”. Portiere bravo con i piedi, è famoso in patria per la gambèta, finta da cardiopalma che speriamo di non vedere mai in maglia nerazzurra, ha un impatto abbastanza altalenante nella sua attuale squadra: emblema delle capacità di Carrizo è il match di Torino della scorsa stagione, dove dopo un bel rigore parato “a freddo” a Cerci, subisce un evitabilissimo gol su una traiettoria beffarda disegnata da Bellomo. Altra buona prestazione dell’argentino è quella di pochi giorni fa contro i francesi del Saint-Etienne, dove con due belle parate sigilla la porta nerazzurra.

Concludiamo così il nostro viaggio nel mondo dei numeri dodici, obbligati ad essere sempre pronti, dei comprimari capaci di diventare eroi. Prima di salutarci però, concedeteci una nota di merito per un estremo difensore che ha dato tanto alla causa nerazzurra pur essendo un terzo portiere: Paolo Orlandoni, uomo straordinario e professionista esemplare, capace di servire l’Inter anche dopo il ritiro (attualmente allena i portieri della super Primavera di Vecchi). La lezione di Paolo è una vera e propria metafora di vita, dimostrando che si può essere numeri uno nella vita pur essendo riserve in campo.

di Giuseppe Chiaramonte