28 Settembre 2013

FOCUS – L’impazienza e la rabbia

di Michele Femminella.

La risposta, quasi dal sapore della giustificazione, più gettonata è stata quella che ?il pubblico di San Siro è storicamente molto esigente?, e d?altra parte non lo è a caso, essendo stato spesso abituato ad abbuffate di successi alternate ciclicamente a periodi di quasi totale, insopportabile carestia. L’Inter ha il suo blasone, la sua storia leggendaria, i suoi trionfi conquistati in Italia e in giro per il mondo, e tutto ciò fa parte della forma mentis del tifoso nerazzurro, che mai potrebbe accontentarsi di risultati mediocri dalla propria squadra, risultati arrivati invece in fila negli anni del post-triplete.

Eppure quanto successo giovedì sera, contro la Fiorentina, lascia un leggero gusto di amaro in bocca a chi per sua inclinazione poco comprende il ?fuoco amico? del pubblico, a maggior ragione quando le cose non girano poi così tanto male: i fischi e i mugugni al momento del cambio di Guarin e in generale dopo il vantaggio della Fiorentina, possono in fondo essere considerati un episodio sporadico, ma anche un brutto preavvertimento per il prosieguo della stagione.

Tralasciando la reazione del colombiano, esagerata  e poco ?professionale?, dettata probabilmente più da una rabbia nei confronti di se stesso che del pubblico, ha quantomeno sorpreso quel repentino cambio di atteggiamento di una parte della tifoseria presente allo stadio nei confronti della squadra in campo, quasi che andare sotto per la prima volta in sei gare ufficiali, contro la Fiorentina e con mezz’ora ancora da giocare, potesse rappresentare un boccone davvero troppo amaro da digerire per i supporters della Beneamata, colpevolmente dimentichi, o forse fin troppo feriti da situazioni ben peggiori capitate negli ultimi anni.

Fischiare la propria squadra è a  giudizio di chi scrive un atto sempre e comunque poco sensato: se le cose vanno male i fischi non possono che peggiorarle, se invece vanno bene rischiano di essere oltre che inutili e ingiustificati, pericolosamente dannosi, perché possono incrinare rapporti, stato d?animo, sicurezze all’interno della squadra e tra la squadra e la tifoseria. Fischi e urlacci dagli spalti troverebbero plausibile ragion d?essere  solo quando in campo vi fossero giocatori poco motivati, svogliati, non inclini al sacrificio e al rispetto per una maglia e, in fin dei conti, per un lavoro.

Francamente, però, sarebbe davvero assurdo attribuire lassismo e mancanza di grinta proprio all’Inter di quest?anno, o in particolare a qualche giocatore, come ad esempio Guarin. Che il colombiano stia attraversando un momento non eccellente è sotto gli occhi di tutti, ma una cosa è sbagliare un passaggio, ben altra passeggiare in campo. Nella mente del tifoso, quando questi decide di fischiare, il discrimine tra il ?voglio ma non posso? e il ?posso ma non voglio? dovrebbe essere sempre ben chiaro.

Certo, l’impazienza, la voglia di vedere la propria squadra, almeno quella, vincere sempre e comunque ha come contraltare tipico la delusione e la rabbia da sfogare in un modo pur sempre civile (vivaddio!)  come i fischi. Ma il tifo sportivo dovrebbe essere innanzitutto una forma, forse anche infantile e un po’ ingenua d?amore, per una squadra, una storia e i suoi sempre diversi interpreti e, da questo punto di vista, abbandonare ciò che si ama alle prime difficoltà, quando più ci sarebbe bisogno di calore e supporto ?esterno? fa pensare che in molti casi d?amore vero e proprio non si tratta.

Troppo semplicistico prendersela poi coi nemici di sempre, con la stampa malevola, coi ?gufi? appollaiati un po’ ovunque: difficile pretendere rispetto dal di fuori quando il rispetto e la stima latitano ancor prima all’interno di quelle che dovrebbero essere le mura amiche e familiari.