22 Novembre 2018

Spalletti: “Voglio che l’Inter torni tra le più belle del reame. Con i miei calciatori sono sempre sincero, mi sento molto umano”

La seconda parte dell'intervista concessa dal tecnico nerazzurro

Nella seconda metà dell’intervista rilasciata sulle pagine odierne del Corriere della Sera, vediamo un Luciano Spalletti nella sua dimensione più umana. Non solo un allenatore costretto quotidianamente a svolgere il proprio lavoro sotto le luci dei riflettori mediatici, ma sopratutto un uomo dai forti ideali. Ecco le sue parole.

Dopo il 3-1 alla Lazio, un giornalista di Roma le dice: “A Milano non è più aggressivo nelle risposte”. Il caso Totti ha avvelenato quel periodo?
“Quell’atteggiamento non lo ritengo necessario all’Inter. Io prendo la forma del contesto. Avevo detto alla Roma che non avrei rifirmato il contratto a inizio stagione, mi attaccavano e rispondevo. Mi fa sorridere quando dicono che sono stato io a far smettere Totti. Io non ho firmato, lui poteva farlo”.

Ha lasciato la Roma in Champions, ci ha riportato l’Inter. La scalata per il successo quanto è lunga ancora?
“Voglio che l’Inter ritorni nel suo grande specchio di una delle più belle del reame. Deve farsi riconoscere per quel che è la sua storia”.

Lei è toscano, una terra di allenatori: questo legame in cosa la caratterizza?
“Avere un legame forte con la proprio terra non significa rinchiudersi nei propri sentimenti. A un certo punto devi vedere da fuori se quell’amore è vero, se puoi combattere per quell’amore. In Toscana ti colpisce la natura rigogliosa, cresce sempre, noi siamo così: vogliamo sempre crescere”.

Parliamo di Nazionale. Come stiamo ricostruendo?
“Il c.t. Roberto Mancini ha scelto la via di un calcio propositivo di qualità e tecnica, anche perché nel confronto fisico con altre Nazionali siamo perdenti. La strada è giusta: tenere qualche giocatore esperto e inserire i giovani. In Italia non dobbiamo vedere i giovani come promesse, perché nel momento in cui sono stati scelti rappresentano il meglio del Paese”.

Perché il calcio italiano vive questa crisi di talenti?
“In altri contesti sociali maturano prima. Come popolo italiano invece maturiamo tardi, in tutti i settori, e questo si riflette sul calcio. Poi c’è un altro tasto: i figli di immigrati possono dare una mano. La Germania e la Francia hanno vinto con un’importante componente multietnica”.

Il calcio è impaziente, può un tecnico coltivare il talento?
“La risposta di getto è: impossibile. L’allenatore è l’anello debole. Se un giovane funziona prende i meriti, sennò è lui a pagare. Se un talento nasce ci guadagna il club, il ragazzo, i procuratori. E il tecnico? Meriterebbe un premio”.

Umanamente com’è Spalletti con i suoi calciatori?
“Mi sento molto umano, ma non sono disumano. Sono sincero, baso il rapporto sui fatti. Propongono un’idea di gioco che mi affascina. Non comunico un calcio che non so insegnare, non sarei credibile. Da quando sono qui ricordo ai miei calciatori cosa vuole dire vestire la maglia dell’Inter. I contenuti giornalieri tecnici, tattici, umani fanno la differenza come la qualità dei calciatori”.

Con i suoi tre figli com’è?
“Mi rende orgoglioso sapere che stanno costruendo la loro identità: non fanno il copia incolla su quello che è stato il mio passato. Il mio mondo lavorativo li affascina, è momento di dialogo, ma non li influenza sul futuro”.

Dopo l’Inter dove si immagina?
“Ovunque ma non in esilio, magari in una situazione già risanata, restaurata. Solo nel dizionario il termine successo viene prima di sudore. Il successo è ciò che ispiri negli altri, quindi dico: dopo essere riuscito ad allenare l’Inter vorrei diventare l’allenatore di una delle più grandi… Inter della storia”.

LEGGI ANCHE – Spalletti: “Il nostro nemico era la mancanza di fiducia, la Champions è stata la nostra fortuna. Modric? Con lui si diventa fortissimi”

Tutte le news sull’Inter in tempo reale: iscriviti al canale Telegram di PassioneInter.com

ICARDI, CHE GOLAZO CON L’ARGENTINA!