21 Ottobre 2011

Tra passato e futuro: la ricetta giusta qual è?

E? il 22 maggio del 2010 e ci troviamo a Madrid, dove l’Inter è pronta per riportare a casa la coppa dalle grandi orecchie. Di tutto si è scritto su quella storica, indimenticabile partita, e qualsiasi altro commento sarebbe superfluo. Così immaginiamo solo di trovarci allo stadio e segnare su un taccuino i nomi dei centrocampisti scesi in campo quel giorno: con Thiago Motta squalificato (avrebbe sicuramente giocato una parte della gara senza la sanzione disciplinare), Mou sceglie Cambiasso e Zanetti come centrali titolari, e fa entrare Stankovic circa al decimo minuto della ripresa. Conserviamo il taccuino fino ad oggi e dopo 522 giorni riprendiamolo per scrivere i probabili titolari della gara di domenica con il Chievo: Zanetti, Cambiasso e uno tra Motta e Stankovic. Gli stessi quattro nomi, esattamente identici. Bene, come sulla finale di Madrid, così anche sulla staticità del mercato nerazzurro relativa ai centrocampisti tanti esperti hanno detto la propria negli ultimi tempi. Ma su queste opinioni è giusto precisare qualcosa.

ESTREMISTI ? La critica, in proposito, si divide principalmente in due fazioni: gli estremisti e i patologici nostalgici. I risultati non certo entusiasmanti di inizio stagione hanno messo in evidenza che la squadra nerazzurra ha due problemi di fondo: gli infortuni e la temporanea impossibilità di far fronte ad essi in maniera adeguata. Ed ecco che i primi, i rivoluzionari, non hanno potuto fare a meno di cavalcare lo tsunami della negatività asserendo che ormai ?quei quattro di centrocampo non ne hanno più?, che ?la mediana è tutta da rifondare?, che ?giocatori come Cambiasso ormai hanno fatto il loro tempo? o che ?così facendo si rischia di fare la fine della Juventus o del Milan di qualche anno fa?. Ora, l’uomo ha due orecchie fatte per ascoltare, e se un numero consistente di persone conviene su analisi di questo stampo è giusto che esse vengano usate per poter permettere al nostro cervello di elaborare qualcosa. Ma usiamone uno di orecchio, non entrambi. L’altro riserviamolo per altro.

NOSTALGIA CANAGLIA ? Per esempio potremmo farne uso per ascoltare chi è ancora capace di  parlare con il cuore in mano. L’identikit di quello che abbiamo definito nostalgico ha dei tratti assolutamente riconoscibili: cita sempre la stagione del triplete, gli si illuminano gli occhi quando sente parlare di Mourinho, gli si scioglie il cuore a guardare i video di Zanetti che alza la coppa e soprattutto difende a spada tratta tutti coloro che sono stati artefici delle sue lacrime di gioia. Lui dirà sempre che i vari Milito, Lucio, Maicon&co non si toccano. E degli intoccabili faranno parte anche i quattro di centrocampo: li difenderà come se si stesse parlando dei suoi figli. Ora, i ricordi fanno piangere tutti quelli che ne hanno a sufficienza per non avere rimorsi nella propria vita. Ma come diceva qualcuno, ?una montagna di ricordi non potrà mai eguagliare una piccola speranza?. La speranza, in questo caso, è che il futuro sia meraviglioso quanto il passato. Con l’unica chiosa che il futuro non si costruisce a forza di flashback.

LA TERZA VIA ? Come in ogni cosa, la verità è una e sta sempre nel mezzo. Tutti via o tutti confermati? Non è giusto dire che uomini, prima ancora che calciatori, come Esteban Cambiasso o Dejan Stankovic o Thiago Motta non possano più far del bene a questa Inter. E in questo caso non è il cuore a parlare, ma la testa: gente con l’esperienza e con la personalità del Cuchu, con la grinta e la tenacia del Drago o con l’ordine dell’oriundo giocherebbero titolari in qualsiasi grande squadra del mondo. E non è ammissibile pensare di poterne fare a meno in un unico soffio di vento. I rivoluzionari, dal canto loro, danno comunque spunti importanti nel loro cinismo. Le cifre parlano chiaro: l’età media del centrocampo nerazzurro è di quasi 33 anni, e l’Inter gioca circa 50 partite all’anno. È del tutto lecito quindi pensare che questi quattro giocatori possano non essere più sufficienti per affrontare al massimo un?intera stagione. E allora chi ha ragione?!

QUESTIONE DI MENTALITA?Ricambio: questa è la parola che, dalle due orecchie, deve entrare nella testa tanto dei nostalgici quanto degli estremisti del pallone. E la società guidata da Moratti ci sta provando ad attuare questo turn-over: se bene o male questo saranno il campo e il tempo a dirlo. Nel cuore della gente nerazzurra deve invece trovar posto la fiducia. Quella che permette a un uomo di fare l’occhiolino a un amico che ha bisogno di conforto e un tifoso di non crocefiggere il giocatore della propria squadra se sbaglia il primo pallone della sua partita. In un calcio, come dice Sacchi, in cui conta solo il risultato, è assolutamente necessario trovare un po’ di spazio per il culto del progetto, altrimenti c’è il rischio che sia il tifoso che il dirigente vengano divorati dalla loro ossessione. D?altra parte nessun impero è stato costruito in un giorno. Ci sono voluti quasi 40 anni per costruirne uno, e ci si augura che questa volta i tempi siano più brevi, ma non si può pretendere di risolvere il tutto in un batter di ciglia.