15 Febbraio 2018

Verdi: “Inter, Juventus o Milan dietro al mio no al Napoli? So ragionare da solo e vi dico che…”

L'attaccante del Bologna è tornato a parlare del suo rifiuto al Napoli

Uno dei nomi più chiacchierati dell’estate è stato quello di Simone Verdi, con il rifiuto del calciatore del Bologna al trasferimento al Napoli. Intervistato dal Corriere della Sera, l’attaccante rossoblù ha parlato del no al club di Aurelio De Laurentiis e non solo: “Non ho detto no al Napoli, ho detto sì al mio percorso al Bologna: non potevo andarmene a gennaio dopo tutta la fiducia che ha riposto in me quando venivo dalla retrocessione col Carpi”. 

Ma il caso è montato comunque…

«Già. E molto più grande del dovuto. Ho dovuto sentire tante falsità, cose brutte persino sulla mia famiglia e sulla mia fidanzata, che avrebbero interferito nella scelta. Poi ho sbagliato anch’io…»

In che senso?
«Avrei dovuto intervenire subito per spiegare e calmare le acque: invece la mia riservatezza, che ritengo un pregio, ha peggiorato la situazione»

E com’era la situazione?
«L’offerta del Napoli poteva cambiare la mia carriera, lo so. Ma, dopo avere giocato già in sei squadre, a 25 anni qui ho trovato per la prima volta la mia casa calcistica. Sento di avere un progetto da condurre fino a giugno».

Poi che succederà?
«Adesso pensiamo al presente, è meglio…»

Molti non le hanno creduto e hanno detto che dietro il no c’erano altri club, cioè i soliti: Inter, Milan, Juve…
«Mi viene da ridere. No, nessuno muoveva i fili. So ragionare da solo».

De Laurentiis ha detto: «Verdi mi ha deluso»
«Forse ho mandato un messaggio sbagliato. Ma sia chiaro: il problema non era Napoli, e non ho mai detto sì per poi cambiare idea».

Sarri l’ha chiamata, vero?
«Sì. Una telefonata amichevole. Ha capito, con molta serenità e sensibilità».

Lei che ruolo preferisce?
«Ne ho fatti tanti: ala, seconda punta, trequartista. Penso di rendere meglio come esterno destro d’attacco che rientra».

È uno dei pochi ambidestri totali su piazza. Ci ha lavorato molto?
«No, sono nato così. Un piede è uguale all’altro. Non me ne vanto, eh? È solo una grande fortuna».

Al Milan, dov’è cresciuto, la chiamavano Verdinho ma l’hanno ceduta. Rimpianti?
«Nessuno. È stata una esperienza formativa che, paradossalmente, mi ha dato tanto soprattutto quando me ne sono andato. Nella Primavera del Milan avevo tutto, pure il magazziniere che ci puliva le scarpe e chi ci preparava la borsa. A Castellammare e Carpi ho finalmente imparato a cavarmela da solo. Il confronto è servito: avere tutto può toglierti molto».

Palacio è un modello cui tendere?
«Sicuramente, e soprattutto per una cosa: non è mai invidioso, non fa pesare la sua storia e, anche se sta in panchina, dà sempre consigli preziosi. Per lui la squadra viene davanti a tutto».

È vero che Ronaldo dal vivo è stato un flash mistico?
«Pazzesco. Lui lavora tutti i giorni per essere lì, con forza mentale e voglia di migliorarsi clamorose. La conferma che il talento va coltivato». 

Non è che stando fermo ha avuto tempo di pentirsi?
«Neanche per un attimo. Tutto questo casino per poi cambiare idea?».

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