22 Gennaio 2019

Simoni: “Moratti? Persona splendida. Di Ronaldo conservo la maglia sporca di fango. Quel rigore una ferita aperta”

L'ex tecnico dell'Inter nel giorno del suo ottantesimo compleanno

Ottanta candeline quest’oggi per l’ex allenatore dell’Inter Gigi Simoni. L’uomo della Coppa Uefa conquistata e della vittoria dello scudetto solo sfiorata nel ’98, è da sempre ben voluto all’interno dell’ambiente nerazzurro che in lui riconosce una figura importante della propria storia. Ricordato spesso per essere stato l’allenatore dell’Inter in occasione del famoso rigore negato su Ronaldo contro la Juventus, Simoni è tornato a parlare di quell’episodio nell’intervista rilasciata questa mattina sulle pagine de La Gazzetta dello Sport.

Prima e dopo la Lazio, è stato in altre 20 squadre: a quale è rimasto più affezionato?
“Il primo amore è stato il Grande Torino che ho visto da bambino con mio papà. Poi ho giocato nel Toro con Meroni, quando ci chiamavano “i Luigi d’oro” e per questo seguo con simpatia il Torino, anche perché Cairo è sempre stato molto affettuoso con me. E poi nel Torino c’è Petrachi, mio ex giocatore, che è bravissimo. Il vero tifo, però, è per l’Inter, il grande amore professionale. E per tutti i tifosi io sono sempre l’allenatore dell’Inter”.

Ma con l’Inter era finita male…
“Non mi aspettavo di essere esonerato. Moratti, però, ha riconosciuto di avere sbagliato e adesso abbiamo un ottimo rapporto, perché è davvero una persona splendida. A Natale mi ha mandato un panettone enorme, con gli auguri”.

Il ricordo più bello è la coppa Uefa?
“Solo a livello sportivo, perché io scappai negli spogliatoi amareggiato per le voci che circolavano sul possibile arrivo di Zaccheroni. E infatti non ci sono nelle foto dei festeggiamenti. A livello personale, invece, il ricordo più bello è l’ovazione ricevuta dai tifosi di San Siro, tutti in piedi ad applaudirmi, quando sono tornato la prima volta sulla panchina del Piacenza. Moratti mi ha detto che nessun altro è stato accolto così”.

Come mai poi è passato al Piacenza?
“Mi avevano chiamato Del Sol per il Siviglia, Eriksson per il Benfica. Magari sarei diventato il capo di Mourinho che incominciava allora, ma rifiutai per motivi personali, preferendo ricominciare da Piacenza».

Ha smaltito la rabbia per quel rigore non fischiato da Ceccarini a Ronaldo?
“È una ferita che rimarrà sempre, anche perché Ceccarini ripete che aveva visto giusto”.

Non ha più riparlato con lui?
“No, anche perché quando ci siamo trovati a qualche cerimonia io l’ho salutato e lui ha fatto finta di non riconoscermi”.

Chi ricorda più volentieri tra i tanti giocatori allenati?
“Il mio preferito, a livello umano, è Bruno Conti. L’ho scoperto a 20 anni, l’ho lanciato titolare nel Genoa. Un ragazzo d’oro, campione in campo e fuori”.

A livello tecnico, invece, il primo è Ronaldo…
“Il più forte che ho allenato. Conservo ancora la sua maglia sporca di fango, dopo la doppietta a Mosca. Ma non dimentico West, che mi manda ancora tartarughine in legno”.

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