12 Settembre 2015

FOCUS – Roby e Sinisa, fratelli contro.

Il Derby è sempre il Derby: che sia soltanto alla terza giornata di campionato o tra due squadre reduci da una tra le peggiori stagioni di sempre poco importa. Quest’anno, nella sentitissima e comunque rovente cornice milanese prenderà vita una sorta di inedito scontro nello scontro: sarà infatti Mancini contro Mihajlovic, il maestro contro l’allievo, […]
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Il Derby è sempre il Derby: che sia soltanto alla terza giornata di campionato o tra due squadre reduci da una tra le peggiori stagioni di sempre poco importa.
Quest’anno, nella sentitissima e comunque rovente cornice milanese prenderà vita una sorta di inedito scontro nello scontro: sarà infatti Mancini contro Mihajlovic, il maestro contro l’allievo, il ritorno alla certezza contro l’intrigante novità.
Il passaggio di Sinisa in rossonero ha lasciato l’amaro in bocca ad una parte di supporters nerazzurri, ammaliati da una serie di dichiarazioni rilasciate dal serbo nel corso degli anni da allenatore, dove lasciava intendere senza troppi giri di parole di essere interista e di poter un giorno sedere su quella che fu la sua panchina già da vice proprio di quel Roberto Mancini da affrontare nella giornata di domani.
Il rapporto tra Mancini e Mihajlovic rimane comunque un sanissimo esempio di amicizia e sportività: il tecnico jesino ha sempre vantato le capacità dell’ex compagno d’avventure, augurandogli il meglio anche da dirimpettaio nella stracittadina più tifata d’Italia. D’altronde, come lasciato intendere dallo stesso mago del calcio piazzato, il Milan (così come tutte le altre big della nostra Lega) è comunque un treno che passa una volta nella vita e rifiutarlo in nome di un passato pieno di successi e di un incerto ma possibile futuro in nerazzurro sarebbe stato da folli.
Curiosamente per Sinisa non si tratta del primo “cambio di sponda cittadino”: da calciatore infatti passò dalla Roma alla Lazio via Sampdoria, riuscendo a farsi apprezzare da entrambe le facciate delle capitale nonostante la concreta esplosione professionale arrivò con la maglia biancoceleste. Miha dopotutto ha sempre dimostrato di avere coraggio e polso, forse anche troppo, come dimostrano l’esperienza tra le fila della Stella Rossa da poco più che ventunenne, la perenne lotta ai vertici negli organici di Lazio ed Inter ed il bollente biennio da allenatore con la Sampdoria, dove ha più volte fatto emergere il lato più ruvido del proprio carattere in episodi come quello del post-derby della Lanterna con sfortunato protagonista il difensore Regini. Le sue squadre tendono a riproporre in campo il coraggio e la grinta del serbo, con la stessa squadra blucerchiata tutta corsa e determinazione definibile come specchio del suo operato.
Il Mancini allenatore sembra invece più orientato verso un modus operandi differente: l’esperienza al Manchester City sembra averlo responsabilizzato e mitigato, rendendolo il prototipo di manager all’inglese capace di svolgere più compiti all’interno di una società. Obiettivo sul campo del tecnico ex Galatasaray sembra essere quello della perenne ricerca della qualità offensiva circondata da una grande forza fisica nei restanti reparti in grado di dare vita a vere e proprie milizie arruolate per proteggere le spalle alla nobiltà in zona gol.
Tatticamente il filo comune in grado di connettere il pensiero dei due allenatori potrebbe essere il camaleontismo: nessuno dei due tecnici sembra infatti legato ad un modulo preciso attorno al quale far ruotare uomini e schemi, preferendo piuttosto plasmare gli undici in campo in base all’avversario ed al momento degli uomini a disposizione. Analizzando Sampdoria ed Inter della passata stagione notiamo come Mihajlovic sia riuscito ad alternare almeno quattro moduli differenti passando ad esempio dal 4-3-3 di inizio stagione al 4-3-1-2 primaverile più altre soluzioni coraggiose come il 4-2-4 da All-in dell’ultimissima parte di stagione visto contro il Parma di Donadoni o un più prudente 4-3-2-1 in grado di trasformarsi in 4-5-1 in fase di non possesso.Mancini stesso nei sette mesi del secondo mandato in nerazzurro ha alternato almeno tre moduli: bocciato il tentativo iniziale di 4-2-3-1 è passato al 4-3-3 post-mercato per poi orientarsi verso il definitivo (almeno per l’ultima parte della scorsa stagione) 4-3-1-2.
Altro tratto comune è dato dalla forte responsabilità patita da entrambi a causa dell’importante mercato richiesto ed ottenuto durante i canonici mesi di trattative: Miranda, Kondogbia, Perisic e Jovetic da una parte, Romagnoli, Bertolacci, Adriano e Bacca dall’altra: spine dorsali nuove pagate fior di quattrini dalle due dirigenze per provare a ribaltare le sorti di un’annata ai minimi storici e che una città calcisticamente edotta come Milano non può meritare. I due sembrano essere perennemente attesi al varco, pronti a subire un’ondata di accuse al primo passo falso: è già stato così per l’ex tecnico della Samp, subito colpito duro alla prima giornata da una Fiorentina ispirata e tremendamente concreta; è stato così per il Mancio, attaccato dopo le nefaste amichevoli stagionali ricchissime di ombre e poverissime di luci. Per fortuna nessuno dei due sembra poter crollare sotto i colpi della legittima quanto asfissiante aspettativa del dover a tutti i costi riportare in alto ciò che pian piano è scivolato sempre più in basso: l’arma comune di entrambi sembra essere quella del coraggio vero e sincero, provando a metterci la faccia in qualunque circostanza anche a costo di risultare superbi ed arroganti.
Roby e Sinisa, fratelli contro, per la prima volta in un incontro che emotivamente vale più di ogni altro: che vinca il migliore!