2 Giugno 2020

ESCLUSIVA – Pregliasco sulla ripresa: “Massima attenzione: i calciatori non sono gladiatori. Stadi aperti? Fosse musica classica…”

Il Direttore Sanitario dell'Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano parla della ripresa del campionato italiano ai microfoni di Passioneinter.com: "Non è facile la riapertura: se il positivo si siede nel gradino sopra al nostro..."

Si riparte: quello che fino a qualche settimana fa sembrava utopia, ovvero far nuovamente rotolare il pallone della Serie A per concludere la stagione 2019/20 dopo il caos-Coronavirus, sta per diventare realtà. Ritmi serrati, partite ogni 3 giorni: la formula per farcela non è semplice, ma il danno economico sarebbe stato troppo importante per non fare un tentativo.

Ma dal punto di vista sanitario, si sta facendo tutto nella massima sicurezza? E l’ipotesi della riapertura degli stadi per la prossima stagione, quanto è realistica? La redazione di Passioneinter.com ha contattato in esclusiva il virologo Fabrizio Pregliasco, Direttore Sanitario dell’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano nonché, dal 2005, Professore Aggregato alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano e, dal 2015, Presidente Nazionale dell’ANPAS.

Professore, arriva la riapertura delle Regioni: porterà rischi maggiori?

“Fino ad ora le graduali riaperture sono state tutto sommato tranquille riguardo agli effetti sull’epidemia. Stiamo vedendo un calo continuo: mi sento ottimista. Chiaro che ci vuole, come ho già detto, una vigile serenità. La prima ondata dell’epidemia sta andando verso il termine. Ma è diventata in qualche modo endemica, non è finita la circolazione del virus. Abbiamo visto forme asintomatiche che inquietano un po’. E’ fondamentale riaprire, dopo la sofferenza, i morti ed il danno economico. Bisogna riuscire a ripartire, ma con quelle attenzioni che abbiamo imparato ad attuare. Senza esagerare in un senso o nell’altro: abbiamo anche assistito a forme di… ipocondria (ride, n.d.r.), eccessiva ecco. Dall’altro lato poi c’è il ‘tana libera tutti’, ma non funziona così”.

Ha parlato diverse volte di questa ‘vigile serenità’: per mantenerla però bisognerà stare più attenti rispetto a quanto stiamo assistendo in diverse città in questi giorni? Mi riferisco in particolare alla sfrenata movida in alcune piazze…

“Assolutamente, questo lo dobbiamo imparare. Chiaro che riaprendo i negozi ed i bar, una cosa simile era prevedibile. E’ fondamentale trovare compromessi. Per esempio una movida permessa in spazi più ampi. Nelle nostre città spesso si concentra in spazi molto ristretti ed in questo senso si possono trovare soluzioni nuove”.

Il campionato di calcio secondo lei riparte in sicurezza? Quella di ripartire è la scelta giusta?

“Era una esigenza. Forse non è una esigenza primaria: io non sono un tifoso quindi… Però mi rendo conto del desiderio, della voglia e dell’esigenza economica che spinga a ripartire. Ci sta nell’ottica di rasserenare la comunità. Chiaro che un certo rischio ci sia: i calciatori non sono gladiatori che devono morire per far piacere alle masse. Ma nell’ottica di maggiore attenzione e della sorveglianza sanitaria.  Che oggi è anche più giustificata: all’inizio c’erano più tensioni per la mancanza di tamponi. Quindi magari il cittadino non lo poteva fare, mentre al calciatore bastava fare un colpo i tosse (ride, n.d.r.). Ora invece si può fare questa maggiore attenzione, non solo per il calciatore, ma per tutto l’entourage di chi lavora intorno alla squadra“.

Infatti c’è necessità di mantenere questo controllo sulla squadra, anche se non sarà ovviamente possibile farlo con tutti coloro che i giocatori possono incontrare fuori dai campi.

“Il rischio c’è. C’è per gli operatori sanitari. C’è una esigenza di responsabilizzazione, che non vuol dire che i calciatori debbano fare uno stile di vita da monaci di clausura. In realtà già un po’ lo fanno, visto che durante la preparazione non è che possano concedersi molto. Ma servirà più attenzione, come per tutti noi”.

Nel caso di nuovi positivi fra i calciatori come bisognerà agire?

“L’importante è la sorveglianza sistematica, con le risposte adeguate e pronte. Prima delle partite per esempio. Se si mantiene questa attenzione, si può fare secondo me”.

Si pensava fosse un’utopia, ma si comincia già a parlare di rivedere la gente negli stadi. Quando sarà possibile secondo lei, solo quando il virus sarà stato completamente debellato?

“Esattamente. Non è facile. Se fossero degli appassionati di musica classica che se ne stanno in religioso silenzio accennando ad un applauso alla fine…”.

Sì, ce la ricordiamo diversa la situazione allo stadio…

“Assolutamente: gli spalti hanno situazioni a rischio. Se il positivo sta nel gradino sopra al nostro, ci ‘sputa’ addosso, per rendere l’idea ecco!”.

La redazione di Passioneinter.com ringrazia Fabrizio Pregliasco per la disponibilità.

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