23 Novembre 2015

EDITORIALE – Dopo la quiete, il forza quattro

Il nostro consueto editoriale del lunedì sera, stavolta con la lente d'ingrandimento puntata sui miglioramenti offensivi fatti registrare contro il Frosinone. Ecco cosa abbiamo colto da una partita che, tutto sommato, si può anche considerare come "sperimentale" visto che il modulo iniziale è stato forse il primo tentativo vero e proprio di 4-2-3-1 quasi dalla sfida in casa col Genoa dello scorso campionato

Se qualcuno avesse dovuto scegliere, a bocce ferme e preferibilmente prima dell’inizio del campionato, una data qualsiasi in cui l’attacco dell’Inter potesse dare segni tangibili di funzionamento e di efficacia, probabilmente non avrebbe potuto trovare una data migliore di quella di ieri. Certo, col senno di poi è facilissimo parlare, ma con davanti lo spettro della trasferta di Napoli che attende la Beneamata, il superamento della stitichezza offensiva che ha marchiato l’inizio di questa stagione (unito a un Icardi che torna al gol e che pare intendersela sempre un pezzo in più con Jovetić, a ogni partita) non può non essere una lieta novella.

Poi è ovvio, una rondine non fa primavera e, come ha giustamente sottolineato Mancini, la metà dei gol è arrivata tra gli ultimi cinque minuti e il recupero (così come è innegabile che il Frosinone abbia letteralmente tirato i remi in barca più o meno a partire dal 70’, agevolando il finale torrenziale nerazzurro) però è anche vero che, ieri sera, s’è vista una fluidità offensiva estremamente maggiore rispetto al solito – e le tante occasioni sciupate sono lì a dimostrarlo. Il mister jesino ha fatto bene i suoi calcoli, accettando una palese inferiorità a centrocampo (costata molto sul piano del gioco specialmente nella prima mezz’ora) pur di sperimentare una manovra offensiva con più interpreti e, possibilmente, più qualità: la scommessa ha dato buon esito ma – con tutta probabilità – il 4-2-3-1 visto contro i ciociari difficilmente potrà essere riproposto anche a Napoli, dove verrà tendenzialmente privilegiata l’organizzazione difensiva.

Ciò nonostante, il segnale dato dal tecnico ai suoi ragazzi è forte e inconfutabile: bisogna migliorare la produttività e l’efficacia sotto porta perché, altrimenti, lassù in vetta non si può durare a lungo. Messo a posto il reparto difensivo con la coppia Miranda-Murillo (e le ultime gare hanno dimostrato che i terzini possono anche cambiare, tanto il cuore della retroguardia restano i due difensori sudamericani) e con il miglior assetto di centrocampo ancora nebuloso, il Mancio ha adoperato la sfida con i gialloazzurri neopromossi per fare dei passi avanti a livello offensivo e ha ottenuto le risposte che cercava, probabilmente più grazie alle qualità tecniche (e fisiche, nel caso di Biabiany) dei singoli che non della manovra corale ma la risposta è stata senz’altro positiva.

Va poi da sé che il cuore della sperimentazione offensiva andata in scena ieri a San Siro è stata la tanto chiacchierata coesistenza tra Jovetić e Icardi, forse la missione tattica più intrigante in assoluto per l’ex allenatore del Manchester City (che, prima della pausa, su queste stesse colonne avevamo individuato come un nodo centrale per l’evoluzione della squadra, sottolineando come i due sembrassero più alternativi l’uno all’altro che non complementari). Di fatto, ognuno a modo suo e con le sue caratteristiche, i due punteros si sono trovati ad alternarsi nella posizione di riferimento offensivo più avanzato, quasi come fossero due attaccanti equipollenti, senza una chiara distinzione tra prima e seconda punta. La conseguenza tattica principale della convivenza tra il montenegrino e l’argentino è stata un’Inter più orientata al 4-2-4 (dove i movimenti degli avanti somigliano molto di più all’ormai memorizzato 4-3-1-2) che non al 4-2-3-1 e il buon Jojo ha dimostrato una volta di più di non essere affatto un trequartista né tantomeno l’elemento adatto a giocare da centrocampista offensivo nel modulo che fu dell’Inter del Triplete. L’attuale numero 10 dell’Inter è un attaccante completo che ama smarcarsi tra le linee e giocare tanti palloni sulla trequarti ma non per questo può essere considerato un “trequartista” in senso proprio, anzi; la sua collocazione ideale, se deve appunto giocare in compagni del numero 9, è al suo fianco, non dietro.

Molto bene ha invece fatto proprio Icardi, più a suo agio nello schema anche al di là del gol: dati i compagni di reparto di ieri, Maurito è riuscito a fare benissimo da pivot centrale soprattutto per i due esterni e la rete, da un certo punto di vista, è stata forse l’esemplificazione massima di questo tipo di lavoro, non tanto per la finalizzazione in sé, elementare per un centravanti che “studia da grande”, quanto per la preparazione (leggasi: scambio da vertigine con Ljajić e movimento ad attaccare lo spazio perfetto).

In attesa del probante test di Napoli, comunque, c’è di che essere ampiamente soddisfatti relativamente a quelli che sono stati i risultati di un esperimento vero e proprio: vittoria stagionale più larga e ottime risposte da almeno tre attaccanti su quattro (Jovetić non indimenticabile ma nemmeno insufficiente, comunque la si voglia vedere). E l’aspetto migliore di tutta la faccenda è che si può ancora migliorare tantissimo.