16 Dicembre 2013

EDITORIALE – Non c’è tempo per piangere

di Giorgio Crico.

Che dire. Da cosa partire. Come parlare della sfida di ieri. Tutti problemi che passano per la testa quando si sa già che si dovrà scrivere un articolo che introduca alla settimana del derby ma al contempo deve partire dalla disfatta di Napoli. Disfatta dal punto di vista del punteggio e non del gioco: situazione che riesce a darti un amaro in bocca completamente diverso da un Inter-Atalanta 2-3 o dalla tragicomica esibizione finale contro l’Udinese della scorsa stagione.

Lì c’era anche rassegnazione, consapevolezza dei propri limiti e attesa spasmodica per quel periodo denominato dai più “estate” che, per noi interisti, dal 2011, è divenuto sinonimo di “speranze recondite ma possibili di miglioramento esponenziale”. Perché da quando la Coppa Italia portata a casa da Leonardo venne apposta in bacheca con tanto di trofeo particolare per il 150° dell’Unità d’Italia, l’unica altra cosa che ha tenuto compagnia alla Manita di titoli portata a casa nel 2010 è stata la polvere. Ma questo non sarebbe stato un problema se l’Inter avesse, nelle ultime due stagioni e mezza, almeno potuto competere per vincere. Invece la Beneamata non solo non ha partecipato alle sfide per portare a casa argenteria ma s’è sempre trovata lontana dalle posizioni di classifica che le competono (se si eccettua un periodo stramaccioniano iniziale fatto di esaltazione e più alti che bassi poi mestamente precipitato nell’oblio dal solito auto-sabotaggio nerazzurro o, più realisticamente, dai limiti strutturali della rosa).

Già, la rosa. Prendendo a prestito dal basket il termine, infatti, il roster del Biscione era limitato lo scorso anno ed è limitato anche adesso, nonostante degli effettivi cambiamenti volti al futuro ci siano stati. Mazzarri l’ha ribadito più volte tra le righe: ha una lista di giocatori che vanno comprati a gennaio, per forza, altrimenti più in là del quinto posto non si arriva. Con un miracolo si finirebbe forse quarti ma ovviamente non cambierebbe granché, di sicuro comunque non ci si qualificherebbe per la Champions League, vero obiettivo stagionale nerazzurro.

Il mister livornese ha già fatto cose egregie col materiale umano a disposizione: una prova è stata, paradossalmente, proprio ieri sera, dove una squadra con un’anima e un’identità precisa è stata travolta, nonostante una netta superiorità di manovra, dai singoli pezzi di bravura individuali di quei tre o quattro fuoriclasse che il Napoli schiera là davanti e di cui l’Inter ha un bisogno disperato, perché non ci si può sempre aspettare che San Trenza si inventi qualcosa dal nulla ogni maledetta domenica.

Ma non è solo l’attacco che ha bisogno una mano di vernice fresca: anche e soprattutto la difesa deve recuperare lo smalto delle prime uscite ufficiali e quella mortifera (per gli avversari) tendenza ad asfissiare gli attaccanti che volevano infastidire Handanovic. Inoltre c’è sempre il problema di avere almeno un paio di esterni forti in più poiché, come s’è visto, se Jonathan si fa male o Nagatomo non gira a mille, la panchina langue su Pereira e Wallace. Certo, può tornare Milito, si può riesumare Samuel: ma questi due giocatori vanno ormai sostituiti con giocatori del medesimo livello giacché l’età ormai è quella che è. Difficile? Ovviamente sì, ma come la Roma pescò The Wall dal campionato argentino o come il Genoa si ricordò di un grandioso centravanti di qualche anno prima nel frattempo retrocesso in Spagna, così può fare anche l’Inter. O, quanto meno, provarci.

E provarci in fretta, aggiungerei. Perché il mercato di gennaio è alle porte e già adesso bisogna lavorare per migliorare una squadra che davvero, grazie alle basi tattiche imposte da mister Mazzarri, può fare bene e non solo benino. Dunque non c’è tempo per piangere sul latte versato a Napoli, bisogna rimettersi sotto e tirare l’Inter fuori dalle paludi in cui rischia di invischiarsi a causa di una coperta troppo corta.

Ah, in tutto questo domenica arriva anche il derby. Nemmeno a dirlo, bisognerà sfoderare una prova maiuscola contro i cugini più sgangherati degli ultimi anni (e forse per questo più temibili, perché potrebbero colpire con la gara perfetta che nessuno si aspetta) e spegnere sul nascere le voci di crisi che già aleggiano su Appiano Gentile e che qualche buontempone intellettualmente prostituito ha già pensato bene di interpretare come “gelo” tra Moratti e Thohir.

Anche perché, diciamolo chiaro, passeremmo proprio un orrendo Natale se i tre punti andassero dall’altro lato del Naviglio. E, onestamente, visto come abbiamo sostenuto questa squadra negli ultimi due anni nonostante tutto, non ce lo meriteremmo proprio.