15 Aprile 2013

EDITORIALE – Quando il circolo virtuoso è diventato vizioso?

Di Aldo Macchi.

Scorrono i giorni che portano alla fine di una stagione che sempre più indossa gli abiti di un incubo, i passi prima spediti ora non solo sono lenti, ma quasi trascinati e falcidiati da quei rami spinosi che spuntano di settimana in settimana. L’ambiente riceve bordate da ogni parte, da dentro lo spogliatoio, dai giornali, dal mondo del calcio. Gli errori in campo, quelli dei giocatori, degli arbitri e anche del settore tecnico-medico, perchè certi infortuni non possono esistere, non si può vedere una coppia Samuel Ranocchia in attacco per sfruttarne i centimetri. Tutto questo sembra spuntare dal nulla, poco più che un girone fa si batteva la Juventus a casa loro, arrivando col fiato sul collo alla vetta e già la voglia di tornare sul carro dei vincitori si è fatta tanto grande che il carro ha perso le ruote, lasciando tutti quanti a piedi, mentre gli altri macinavano chilometri. Ma non si può ricondurre tutto a quella vittoria, il problema è presente da tempo, forse mascherato, a volte negato, ma presente: da qualche anno quel circolo virtuoso che ha portato all’anno di vittorie su tutti i campi, si è trasformato in un circolo vizioso che sembra non avere fine.

I RE MIDA D’EUROPA – Sia chiaro, mai l’Inter ha vissuto periodi di fasti e titoli osannanti, se non in occasione della grande vittoria contro il Barcellona in cui tutta Italia sembrava nerazzurra, tranne quelli che denunciavano una sorta di trattativa tra Moratti e la Uefa per comprare gli arbitri per vincere la Champions. Seppur ridicola la cosa ha preso piede, tanto che a una settimana dal trittico vincente, c’era chi scriveva che Mourinho era sull’orlo di una crisi di nervi, che era probabile una stagione a Zeru Tituli, perchè la Roma era davanti in campionato, sarebbe stata la stessa rivale della finale di Coppa Italia e il Bayern Monaco era una corazzata imbattibile, mentre il portoghese con la sua dialettica aveva sempre nascosto i problemi di una squadra dove Eto’o aveva già voglia di andare via. In una settimana tutte queste critiche sono state non solo rispedite al mittente, ma addirittura smentite sul campo: si era più forti di tutto e tutti, il simbolo delle manette di Mourinho divenne il gesto identificativo di quella Inter vincente contro tutto e contro tutti.

LE CHIAVI DI MERCATO – Quell’estate arrivò sull’Inter il cataclisma, gli occhi di tutti il mondo si concentrarono su palazzo Durini, i gioielli di quella squadra che già parlavano di un futuro altrove a pochi minuti dalla vittoria in Champions, come testimoniano le parole dette da Milito, uno dei pochi ancora presente. Lo stratega di quella squadra abbandonava il Bernabeu in lacrime, ma sulla macchina di un presidente che di nome non fa Moratti, in cammino verso quel futuro che lo ha visto lontano dall’Inter. Tutto girava insomma intorno al mercato, il gruppo non era giovane ma era vincente, serviva qualcuno che ottimizzasse le risorse, e la scelta cadde su Benitez, colui che tentò di uccidere il mito di Mourinho, l’uomo della leggenda. Cercò di imporsi come personalità forte, in una società che sembrava radicata nel passato, chiese un mercato rivoluzionario per costruire un nuovo progetto, perchè si doveva voltare pagina: la risposta fu chiara, esonero e arrivederci. Arrivò Leonardo col suo calcio innamorato, passionale e romantico, e tutto si squagliò quando la passione chiese l’intervento della razionalità. Era l’Inter delle grandi rimonte, ma ad opera degli avversari, come quell’Inter Tottenham, che consacrò Bale a livello internazionale. Poi Leonardo sfilò i panni dell’allenatore per fare il dirigente, l’uomo mercato, il catalizzatore di fascino a livello internazionale per una squadra che voleva diventare appetibile non solo per i milioni. Ecco qui la chiave di tutto: l’Inter aveva perso appeal, fascino, orgoglio. Sempre più subiva le stesse bordate di sempre, rese più forti dall’incapacità di saper reagire, rese indigeribili dai fatti, che vedevano spendere gli stessi soldi spesi anni prima per Maicon, per la sua versione in 16:9: Jonathan.

IL MASSIMO COL MINIMO – Moratti, con tutte le sue qualità, è sempre stato uno molto più passionale che razionale, si è sempre fidato di chi si offriva come esperto del settore, affidandogli il portafoglio e le chiavi del progetto. Se necessario si impegnava in prima persona, ma solo per sbloccare una trattativa già avviata. In questi anni di soldi se ne sono spesi, anche tanti, ma i nomi arrivati sembravano casuali, in saldo, scommesse fatte da altri, acquisti fatti dopo aver visto i video di youtube. Di allenatori ce ne sono stati altri tre, Gasperini, Ranieri e ora Stramaccioni che ha consegnato un progetto fatto di tattica e giocatori, con il taglio di senatori non più funzionali al progetto. Gli uomini di mercato si sono mossi e tutti gli obiettivi sono stati soffiati proprio da quel Leonardo che ha costruito a Parigi quella squadra che sarebbe stata l’ideale dei pensieri di Stramaccioni. Questione di milioni? Anche ma non solo. Leonardo probabilmente a giugno farà le valigie e il motivo non sono certo sirene economicamente più vantaggiose. A gennaio è arrivato un certo David Beckham, che si è offerto ai parigini. E’ questo il dettaglio che deve far pensare, il giocatore più commerciale del globo si è offerto a una realtà emergente come il Psg: obiettivo raggiunto, Leonardo è riuscito nell’impresa di rendere appetibile a livello internazionale una squadra provinciale come quella francese, la sua presenza a Parigi non è quindi più prioritaria. A quelli che parlano di Moratti che deve cedere, ricordo solo quel mercato che ha iniziato il ciclo di vittorie: arrivarono Cambiasso, Veron, Davids, Mihajlovic, Favalli, Julio Cesar, tutti a costo zero. Tutti che avrebbero potuto guadagnare di più altrove, ma decisero di andare all’Inter, perchè era l’Inter e ad allenare ci sarebbe stato Mancini. I risultati non furono quelli sperati, anche per i motivi che tutti hanno poi scoperto, ma da lì a 5 anni l’Inter rappresentò il meglio.

UNA SVOLTA DALL’ALTO – Ora siamo costretti a vedere giocatori rompersi ogni domenica, talenti come Pereira, giocatore cercato da mezza Europa, subire un’involuzione tremenda, Juan Jesus con lui, in generale assistiamo a giocatori tremendamente spaventati di spezzarsi da un momento all’altro. Non possono esistere scuse come quella dell’Europa League, perchè non è ammissibile che una società come l’Inter non possa organizzare una preparazione consona agli impegni stagionali, così come non è accettabile che si debba rinunciare in partenza a qualcosa per poter arrivare a fine anno. Le dichiarazioni di Stramaccioni hanno il sapore di una resa, di un pentolone che non sa più cosa dire per non dire cosa realmente sta succedendo. Dire che la causa degli infortuni è l’aver creduto troppo nell’Europa League, è un urlo disperato. La stagione volge al termine e in mancanza di qualificazione europea il budget a disposizione sarà ancora più ridotto. Qualcosa è già stato fatto, vedi Campagnaro, Botta, Laxalt e presumibilmente Icardi, ma per cercare di chiudere in attivo si dovranno fare altre cessioni dolorose come quelle di gennaio.

Oggi ho visto con piacere che la notizia di un possibile addio di Guarìn a fine anno per esigenze economiche ha scatenato una discussione interessante sulle pagine del club Inter Supporters. Purtroppo però quell’ipotesi non è stata fatta per far letture o campata per aria. Riporta una triste realtà: se non ci sono gli introiti vanno cercati altrove e se non arrivano dall’esterno per meriti sportivi o per sponsor freschi, allora si deve mettere in vendita ciò che si ha. Questo, se si continua con la politica degli ultimi anni, porterà però a un ulteriore impoverimento tecnico. E’ necessario dunque dare una svolta, sedersi ad un tavolo, mettere da parte i sentimentalismi e creare un settore tecnico e dirigenziale adatto a costruire un gruppo di giocatori che risponda alle esigenze di un tecnico, che potrà così far fronte anche alle emergenze, senza inventarsi nulla, così da vedere, nella peggiore delle ipotesi, la punta della primavera in campo titolare perchè si è infortunato il bomber, ma non tra gli avversari.