7 Maggio 2021

Inter-Samp, lo staff di Conte in conferenza: “Ecco come abbiamo gestito il lockdown, Lukaku ed Eriksen”

Un modo per dare voce a chi ha lavorato dietro le quinte, contribuendo in maniera importante alla conquista del 19esimo Scudetto
conferenza staff Conte

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Conferenza speciale alla vigilia di Inter-Sampdoria. A rispondere alle domande dei giornalisti non è stato infatti Antonio Conte, ma tutto il suo staff tecnico. Un modo per dare voce anche a chi ha lavorato dietro le quinte, contribuendo in maniera importante alla conquista del 19esimo Scudetto. Come di consueto Passione Inter qui di seguito vi fornisce la diretta testuale delle parole dei protagonisti.

Quali sono state le emozioni vissute con la vittoria dello Scudetto?
Stellini: “È stata una grandissima emozione visto il periodo difficile e i sacrifici fatti. Purtroppo l’abbiamo vissuta stando non vicini, dato che non eravamo insieme nel momento della vittoria. Ma quando poi è arrivato il fischio finale della partita c’è stata un’immensa gioia”.

Pintus: “Per me è stata un’emozione molto grande, perché ho associato la vittoria dello Scudetto alla nascita dei miei due gemelli, nati a Como. È stato il giusto premio per il lavoro fatto dai calciatori, da noi e dal mister”.

Vanoli: “Per me è stato motivo di orgoglio, abitando a pochi chilometri da qui e avendo l’anima interista è stato davvero bellissimo. Ci tengo a fare i complimenti principalmente a giocatori e mister”.

Gianluca Conte: “Da parte mia posso dire che dietro a questa vittoria c’è una grande cultura del lavoro, inculcata dal mister a tutti noi. Questa vittoria è dedicata a tifosi, società ma soprattutto ai giocatori, che hanno sempre seguito il mister per raggiungere questi obiettivi”.

Bruno: “Io sono interista fin da bambino, ho fatto un percorso lungo per arrivare a raggiungere questo traguardo e quindi quando capisci cosa c’è dietro una vittoria simile ti rendi conto che è qualcosa di davvero emozionante. Il merito è di tutti quelli che lavorano dentro la società, per sacrifici e lavoro. È un’emozione che elaborerò ancora meglio con il tempo”.

Coratti: “Faccio davvero fatica ad esprimere a parole quel che stiamo provando in questo momento. Ringrazio davvero tutti coloro che mi hanno dato la possibilità di vivere momenti simili”.

Bonaiuti: “L’emozione è veramente grande. Dopo anni di sofferenza qui all’Inter abbiamo raggiunto un traguardo importante, anche grazie alla cultura del lavoro del mister. Per chi gioca a calcio vincere uno Scudetto è un’emozione difficile da trasmettere, c’è davvero una felicità immensa, soprattutto ripensando al percorso e ai sacrifici fatti per raggiungerlo”.

Castelli: “È una gioia immensa, soprattutto per me che ho vissuto diversi anni qui fin dal settore giovanile. Ringrazio davvero tutti quanti per il risultato”.

festa Scudetto Inter

Festa Scudetto (@Getty Images)

Quanto è importante il lavoro atletico, soprattutto in una stagione come questa?
Pintus: “Prima di tutto c’è da dire che questo successo è nato dal lavoro già iniziato nella prima stagione. Abbiamo seguito il ritmo imposto dal mister, cercando di sfruttare il periodo del lockdown per poter lavorare a casa, allenandosi via Zoom ogni due giorni quantomeno per non perdere la condizione. Poi, quando siamo tornati in campo, abbiamo fatto solo un richiamo delle cose più importanti. In estate non abbiamo avuto tanto tempo per lavorare, quindi abbiamo cercato di sfruttare ogni momento disponibile per lavorare in maniera personalizzata con i calciatori, come ad esempio nei postpartita. È stato un lavoro duro, infatti abbiamo ringraziato particolarmente i ragazzi per l’impegno. Infine, fondamentale è stato anche l’aspetto del recupero ed alimentare: due aspetti determinanti per cercare di raggiungere gli obiettivi prefissati”.

Bonaiuti: “Mi associo a quanto detto dal prof. È stato il lavoro giornaliero e costante, la ricerca di migliorarci giorno per giorno a permetterci di raggiungere questo risultato. Abbiamo sfruttato ogni possibile momento per migliorare”.

Come si gestisce Conte in qualità di fratello?
Gianluca Conte: “Sono 13 anni che lavoro con Antonio, quindi al siparietto dell’auricolare strappato di mano sono ormai abituato (ride, ndr). Lui è un passionale, sappiamo che potendo farlo scenderebbe anche in campo con i ragazzi. Lì a Firenze era davvero un leone in gabbia, ha questa enorme passione che lo travolge. Quella vittoria è stata sofferta, ma sicuramente importante come tutte quelle che abbiamo fatto insieme in questi anni. Tutte le emozioni sono sempre frutto di un grande lavoro, non si dà niente per scontato. Antonio è molto esigente, cerca sempre l’eccellenza e tutti coloro che lavorano con lui cercano sempre di dargliela”.

Come è stato gestito il lavoro sulla fase difensiva?
Vanoli: “Intanto ci tengo a precisare che la bellezza di questo lavoro è sempre il confronto, quindi che si parli di fase difensiva, offensiva o altro c’è sempre un confronto aperto, al di là dell’esperto specifico che se ne occupa. Il mio compito è seguire la fase difensiva, ma il merito parte sempre dall’allenatore. Io devo cercare di far crescere il singolo. Per quanto riguarda la scelta dei nostri tre difensori titolari è stata tutta del mister, ma il nostro compito è far allenare tutti al meglio. Un grande orgoglio per il nostro lavoro, in questo senso, è vedere ad esempio che un calciatore che entra dalla panchina fa benissimo come gli altri. Avevamo anche dei calciatori alle prime esperienze con la difesa a tre come Bastoni o Skriniar, ma poi siamo migliorati tanto tutti”.

Com’è stato il percorso di Handanovic in tutti questi anni?
Bonaiuti: “È stato un percorso unico, perché come dicevo prima i risultati faticavano ad arrivare. Vincere è diverso, anche se a livello di numeri personali Samir ha fatto benissimo in questi anni. Vincere ti permette di vedere i frutti del lavoro espresso sul campo”.

C’è stato un effettivo cambiamento di Conte dal Bari all’Inter?
Bruno: “A Bari anche per lui erano le primissime esperienze. Lui stesso doveva iniziare un suo percorso ma aveva grande voglia di arrivare, lo diceva sempre. Aveva bisogno di stare sul campo per trovare certe situazioni e capire come raggiungere i suoi obiettivi. Certamente oggi non è il Conte di 13 anni fa sotto alcuni aspetti, ma la sua ossatura la mantiene sempre uguale, in particolare per quel che riguarda la caratteristica del lavoro. Adesso è cambiato per l’esperienza e gli anni trascorsi, però tutto a fin di bene”.

Quanto è importante l’aspetto della prevenzione?
Bruno
: “È assolutamente fondamentale, ma dipende molto dai piccoli comportamenti dei singoli calciatori, dalla loro alimentazione alla gestione del riposo. Passa tutto da lì”.

Come è stato ad iniziare all’improvviso dalla prima squadra, invece che dalle giovanili?
Castelli: “Io sono stato chiamato in prima squadra per un caso fortuito. L’impatto è stato forte, perché allenare il settore giovanile è una cosa, mentre allenare dei portieri fortissimi è un’altra cosa. Vedere come ricercano la perfezione e il particolare durante l’allenamento è fantastico. A questi livelli si cerca molto il particolare, mentre coi ragazzi spesso si cerca una costruzione più generale del portiere”.

Ha mai dato “ripetizioni di interismo” al mister?
Stellini: “Il mister sapeva benissimo fin dall’inizio che io sono interista da quando sono nato, quindi questa emozione di approdare all’Inter gliel’ho dimostrata subito. Sono nato in queste zone e sprizzavo gioia da tutti i pori, quindi si è accorto subito di cosa significasse per me lavorare qui. Il mio lavoro iniziale non solo è stato quello di trasferire al mister cosa volesse dire essere interista, ma anche far capire agli interisti cosa volesse dire avere Antonio Conte come allenatore. La società aveva bisogno di un uomo che potesse portare questa mentalità, ed una volta portato poi le cose sono andate in maniera fluida e costante. È stato come vedere un obiettivo lontano e raggiungerlo piano piano: sai che l’obiettivo è là e lo raggiungerai, e tutto ciò che viene fatto è in funzione di quello”.

Come si lavora con un calciatore come Lukaku?
Pintus: “La caratteristica peculiare di Romelu è la fisicità: pesa più di 100 kg, quindi ha una potenza impressionante. È paragonabile ad un giocatore di football americano, è infermabile. Ora è migliorato molto anche dal punto di vista della gestione dello sforzo, quindi sta diventando davvero un atleta completo”.

Meglio avere Conte in panchina o in tribuna accanto a sé?
Gianluca Conte: “Come detto prima è meglio che stia in panchina (ride, ndr)! Ha una grande passione, quindi si fa sentire meglio così e la trasmette meglio ai calciatori”.

Come è stato gestito il percorso di Eriksen?
Stellini: “Il percorso che Christian ha fatto all’Inter è quello che hanno fatto tantissimi atleti bravissimi e di talento come lui che arrivano da campionati differenti. Hanno bisogno di tempo per capire alcuni aspetti del gioco come lo viviamo e lo approcciamo noi in Italia. Noi non abbiamo mai avuto dubbi e l’abbiamo sempre supportato, il mister con le sue direttive e noi con i nostri consigli. Sapevamo che sarebbe arrivato il suo momento, era solo questione di tempo. L’abbiamo aspettato ed ora è entrato in un meccanismo in cui deve andare avanti così”.

Come si gestisce il ruolo del vice, soprattutto quando ci si ritrova in prima linea?
Stellini: “Chiaramente le pressioni di quando mi sono trovato a bordo campo a gestire la partita sono aumentate notevolmente. Ho dovuto cercare di far capire ai giocatori cosa voleva far passare il mister. La sua non presenza poteva essere un handicap, quindi io dovevo far sì che questo gap non ci fosse. In realtà per me la presenza del mister è sempre stata forte anche durante quelle gare, perché attraverso gli altri membri dello staff avevamo comunque il suo supporto. Io dovevo solo concentrarmi a trasmetterlo alla squadra, ma noi lavoriamo sempre benissimo in gruppo. Io in quei momenti rappresentavo solo il lavoro fatto tutti insieme”.

Come si prepara una partita?
Gianluca Conte: “La preparazione sull’avversario è un tassello molto importante dal punto di vista lavorativo, ed anche questo lo facciamo con tutto lo staff. Noi cerchiamo di studiare gli avversari nei loro punti forti e deboli, poi ne parliamo con il mister e collaboriamo nel trovare sempre la giusta soluzione per il piano gara. Con Antonio poi il feeling è cresciuto sempre di più, ora la gara viene presentata in un certo modo e lui dà il suo assenso con le sue scelte”.

Come è cambiata negli anni la preparazione atletica?
Pintus:
“Il ruolo si è chiaramente evoluto negli anni, però ritengo che non si debba neanche cambiare troppe cose. Per me sono ancora molto importanti i fondamenti base della preparazione fisica: resistenza, velocità e forza. Non è quindi giusto dire che quel che si faceva 20 o 30 anni fa non sia più da fare. Una cosa sicuramente cambiata è la specializzazione: anche noi nel nostro staff siamo suddivisi in maniera puntigliosa, ed avendo quindi più energie disponibili da parte di tutti noi è molto più facile curare nei minimi dettagli gli aspetti della preparazione fisica”.