21 Dicembre 2020

L’INTERTINENTE – “Brutta” e vincente ma l’occhio di riguardo per l’Inter è sempre chiuso. E la Juve?

Una rubrica per rafforzare un concetto: l’impertinenza di essere nerazzurri.

La sesta vittoria consecutiva in campionato dell’Inter ci consegna l’istantanea di una squadra con ritrovate certezze e nuovi propositi: un’Inter che, dopo un non soddisfacente avvio, è riuscita a mettere in discussione la sua stessa identità tattica, incidendo con un approccio non spettacolare ma ordinato, non scintillante ma equilibrato, non pirotecnico ma concreto.

Conte Inter

Antonio Conte, Getty Images

Tratti che le era stato rimproverato di non possedere nelle partite antecedenti a questa striscia di successi, e che invece sono divenuti un’abitudine nella gestione delle gare e nella determinazione di portarle a casa. Insomma, quello che l’Inter ha fornito nelle recenti uscite in Serie A è un messaggio importante al Milan capolista e al torneo tutto, quasi a voler consolidare ulteriormente quello status di favorita che le è stata attribuito fin dall’inizio della stagione.

Osservando con accuratezza le analisi degli specialisti e prestando orecchio al giornalismo pallonaro, pare però che i successi inanellati da Antonio Conte e i suoi, a colpi di organizzazione territoriale e di cattiveria agonistica, non siano propriamente meritevoli di nota, a causa della loro origine – per così dire – sporca, e non armonica ai dettami di un Calcio al quale adesso – stranamente ed incredibilmente – si chiede d’essere più spumeggiante ed articolato.

A primo acchito, i commenti ammonenti di questo periodo fanno rima con quelli altrettanto allarmanti di alcuni mesi fa, quando il fatto che l’Inter non riuscisse a mutare in positivi risultati la mole di occasioni e il dominio prodotti, veniva comunque visto come un segnale di debolezza psicologica e di fiacchezza caratteriale, benché le prestazioni convincessero e dessero il più delle volte ragione ai nerazzurri.

Infatti, ciò che accomuna i due distinti frangenti è il criticismo pretestuoso, secondo cui ed attraverso il quale ogni circostanza è opportuna per creare confusione e non esortare alla riflessione. La solerzia contestativa che si rivolgeva alla fisionomia dell’Inter di diverse giornate fa è equiparabile alla severità di opinioni che ha seguito l’allungo sul Napoli e l’archiviazione della pratica Spezia a San Siro, entrambe condite da una dose di scetticismi e perplessità che bocciano il non aver entusiasmato come un peccato originale.

Ecco, dunque, che è reale l’impressione – anche se sarebbe meglio apostrofarla come timore – che l’attenzione sia costantemente spostata ad hoc e che si utilizzino due pesi e due misure nelle comparazioni con altre squadre. A titolo d’esempio e lontano da qualsivoglia attrito, si pensi alla Juventus: rispetto alla scorsa annata, in questo preciso momento della manifestazione, la tanto bistrattata esperienza di Maurizio Sarri aveva macinato molti più punti del nuovo corso di Andrea Pirlo, che è in un ritardo di classifica che all’Inter verrebbe definito preoccupante e volano di mugugni, ma che a Torino viene assorbito inavvertitamente, anche forse per merito della stampa amica e dei tutori dell’interesse bianconero.

Quando siamo ben oltre la metà del girone d’andata, la Juventus non ha acciecato con la propria beltà, né illuminato, con risultati al di sotto delle aspettative, eppure lo sbigottimento che la pervade è pressoché nullo, e l’informazione sottace, perché probabilmente l’ennesimo cambio al timone bianconero, con annessa fase di transizione, non ha la stessa fruibilità di un’Inter che, nel bene e/o nel male, riesce sempre a far parlar di sé, quasi a volerla rendere o a volersi rendere un tutt’uno con le cronache. L’importante è che si prosegua verso la vittoria, unico mezzo per la consacrazione negli annali. Meglio ancora se tinti tutti di nerazzurro.

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