7 Dicembre 2020

L’INTERTINENTE – L’Interismo della polemica e la polemica dell’Interismo: il motivo per cui gli anti-contiani di oggi sono gli icardiani di ieri

Una rubrica per rafforzare un concetto: l’impertinenza di essere nerazzurri.

Essere fedele all’artistica illogicità dell’Inter significa innanzitutto rispettarne e venerarne il fascino, ossia accettare che l’incertezza in alcuni casi si tramuti in bellezza, e che il successo non sempre possa prevalere sull’essenza. Infatti, nella spirale della sua straordinarietà e delle sue contraddizioni, l’Inter è una missione di flessibilità mentale, una pratica di sussulto emotivo, un’opposizione alla regolarità: per chi ne dispone dalla nascita e per chi tenta di analizzarlo, il codice genetico nerazzurro è una sequenza imprevedibile e forsennata che sfugge a qualsiasi rigida intellettualizzazione, che allena coronarie e viscere, e che fa a pugni con la normalità.

Quello che contraddistingue l’interista da qualsiasi altro soggetto tifante e tifoso è la consapevolezza del non essere convenzionale, che successivamente si trasla verso la necessità di ricercare e di aggiudicarsi un appiglio per consolidare e certificare questo status. Più semplicemente, potremmo definirla la costanza della follia, che da diverse settimane ha preso sembianze inequivocabili.

È stata espressa, cioè, mediante la prepotenza della polemica, che essendo carattere proprio della instabilità, è un tratto peculiare della vitalità nerazzurra. Senza la polemica non ci sarebbe Interismo, e senza Interismo la polemica perderebbe di rilevanza. Per maggiori chiarimenti, chiedere ad Antonio Conte e allo stuolo di denigratori che ha confuso ed intossicato il dibattito nei tempi recenti.

L’Interismo della polemica non è altro che una delle tante degenerazioni dell’Interismo loggionista o loggionismo interista, che si pone con altezzoso distacco quasi inquisitorio rispetto alle sorti della Beneamata e ne contesta qualsiasi connotato ed aspetto, purché gli eventi non coincidano con la vittoria, in quanto quest’ultima è micidiale veleno per gli innumerevoli (e finti) esteti del Pallone.

La polemica dell’Interismo è un fatto più politico che mediatico, nel senso che è più il potere dell’opinione pubblica ad orientare gli andamenti dell’informazione, piuttosto che la stampa a giocare un ruolo determinante nell’elaborazione di un pensiero collettivo. E quindi, semplificando al massimo, la polemica vive perché è lo stesso Interismo a generarla, coltivarla, e propagarla, poiché è parte inscindibile della sua medesima identità.

Solo tramite una visione forzatamente e grottescamente epistemologica – per coloro che non avessero ancora colto la ricercata ironia accademica -, si può dare una spiegazione alle tonnellate di fango che sono state rovesciate su Conte e sulla Pinetina da fine ottobre sino alla trionfale trasferta di Reggio Emilia contro il Sassuolo.

Che la gestione del tecnico leccese si presti a legittimi e talvolta condivisibili scetticismi nel merito di alcune scelte – il fondamentalismo tattico del 3-5-2 e l’impiego irrisorio di Eriksen -, è indiscutibile, e che alcuni elementi della rosa avessero bisogno di una sonora sveglia – ineccepibile e doverosa la strigliata della Curva Nord con lo striscione di un paio di settimane fa -, era altrettanto insindacabile.

Non riconoscere, però, che Conte sia anche alla base del rilancio dei risultati delle ultime partite, e che un ridimensionamento – ancor troppo leggero, ma comunque significativo, conoscendo l’irremovibilità culturale del personaggio – del suo credo calcistico abbia ristabilito un ordine in campo e in classifica, è un atto di malafede e soprattutto di gran villania nei riguardi dell’Inter, il cui bene supremo è primario a qualsiasi individualità.

Questo e molto altro sostengono un parallelismo: gli anti-contiani di oggi sono la diretta ed inevitabile eredità degli icardiani di ieri, ovvero fomentatori di divisioni ed agitatori di dispute che trovano nell’aprioristica ed insensata maldicenza il loro pane quotidiano.

Nella miopia che li affligge, vengono ammorbati e consumati da quello stesso personalismo che oggi condannano – il non riconoscere Conte come guida di un’Inter ambiziosa – e che ieri ne pilotava la mobilitazione – l’esaltazione di Icardi come emblema di un’Inter frivola e fragile.

In sintesi, gli anti-contiani sono imparentati agli icardiani dal comune denominatore di confondere il dibattito interista focalizzandolo su tematiche fumose e fuorvianti, e di allontanarlo dall’incoraggiamento nel perseguire l’interesse assoluto dell’Internazionale, che è ancora in corsa – almeno fino a mercoledì – su ogni fronte e che ha bisogno del sostegno di tutti affinché si concretizzi ciò che il popolo nerazzurro attende da ormai troppo. Taccia la polemica, che prevalga solo l’Interismo!

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