11 Agosto 2013

Non è un Sogno Americano, ma nemmeno un incubo

Tre sconfitte, un pareggio trasformato in vittoria grazie ai rigori, un gol fatto, dieci gol subìti. Si torna dagli States con un bagaglio in cui alle speranze di far bene messe in valigia prima della partenza sono subentrati i tanti elementi su cui riflettere e la certezza che la strada da fare prima di raggiungere una vera competitività è lunga e tortuosa. Certo, il Real Madrid é tutta un’altra dimensione e concezione di calcio: é una squadra costruita appositamente per alzare una coppa a cui l’Inter non si è nemmeno qualificata, una realtà dove vincere non basta mai se non si convince, anche in amichevole e che il confronto tecnico fosse spudoratamente ìmpari lo sapevamo da giorni. Eppure, premettendo che la tournée sostenuta oltreoceano ha portato più benefici economici che risposte dal campo, i facili disfattismi di mezza estate sono al momento quanto di più deleterio si possa esprimere sul conto di una squadra ancora in stato embrionale; con un’intera stagione davanti, é sacrosanto focalizzare i limiti più evidenti e i cavalli su cui puntare per non incappare in un ennesimo Annus Horribilis approfondendo ciò che la spedizione americana lascia in eredità.

ALI TARPATE – Se la portata principale del buffet che Mazzarri può imbastire si sviluppa nella parte più esterna del campo, è davvero complicato non accorgersi che gli ingredienti per la ricetta vincente sono ben lontani dall’essere disponibili. Paradossalmente é proprio in quelle zone dove dovrebbero pascolare i nostri pezzi da novanta che ci troviamo più esposti e vulnerabili. Alvaro Pereira ci mette sudore, impegno, foga agonistica ma difetta in molti dei fondamentali che a un esterno di questo livello non possono proprio mancare: aspettarsi un cross buono dal Palito sembra ormai diventata un rito di preventiva rassegnazione, un po’ come controllare la schedina del Super Enalotto all’estrazione dei numeri. Non va meglio in fase difensiva, dove proprio il corridoio mancino ha palesato più volte la sua tendenza ad essere anello debole di una trincea in cui i nemici hanno gioco facile ad aprire i varchi per sfondare e creare la superiorità numerica. Caso diverso ma concetto simile per Jonathan, i cui mezzi tecnici non sembrano poterlo rendere un giocatore di primissima fascia nonostante sensibili miglioramenti in tutte le fasi di gioco, grande umiltà e spirito di sacrificio. Al cospetto di un certo Cristiano Ronaldo é riuscito a barcamenarsi come magari un anno fa non gli sarebbe riuscito, ma un’alternativa dai piedi più educati e dal talento più cristallino é prioritaria: nella speranza che Wallace confermi sul campo quanto bene si dica di lui tra gli addetti ai lavori, Jonathan può trasformarsi in un discreto gregario in continuo miglioramento sotto la sapiente guida di un tecnico che ha sempre messo la freccia agli esterni a sua disposizione.

ANDAMENTO LENTO – Le scoppole messe in saccoccia durante questo intermezzo a stelle e strisce hanno avuto origine nel centro nevralgico del gioco nerazzurro, là in mezzo al campo: talenti in erba come Moses, Banega e Casemiro hanno giganteggiato in mediana e non può essere un caso che le migliori prestazioni dell’avversario di turno siano arrivate nella stessa zona di campo. Se é vero che tre indizi fanno una prova, quello del centrocampo é l’allarme più squillante suonato nella banda Mazzarri in questo primo scorcio di Pre-Season: al netto dei dichiarati carichi di lavoro degni del miglior Stakanov, l’evidenza di un Cambiasso in tremendo ritardo di condizione, di un Kuzmanovic impossibilitato a tenere il passo della mezzala e di un Guarin capace di passare dagli altari alla polvere senza soluzione di continuità sono elementi in grado di spostare sensibilmente l’asticella dell’equilibrio di squadra. Se il dinamismo e le idee verticali di Kovacic sono mancate come l’acqua nel deserto, ogni giorno di più diventa imprescindibile l’innesto in squadra di un elemento che abbia corsa, geometrie ed interdizione per rammendare e successivamente blindare a doppia mandata la solidità di un reparto la cui fragilità e lentezza espongono l’intera squadra ad imbarcate che ne minano reiteratamente l’equilibrio. In questa nave che sbanda, ci sentiamo tutti marconisti con una precisa comunicazione da telegrafare agli uomini mercato nerazzurri: “Necessitasi Centro Mediano di buon livello-STOP-Provvedere nel minor tempo possibile“.

DIVENTEREMO RICKY? – Due prestazioni scintillanti per tornare a sperare che il talento di Ricky Alvarez si riveli finalmente funzionale alla stagione nerazzurra: contro Juventus e Real Madrid si è finalmente palesata la versione Dr. Jekyll del 25enne ex Velez. In particolare nel confronto di St.Louis, Alvarez si è preso le chiavi del centrocampo agendo da trequartista puro e mostrando sorprendenti progressi soprattutto dal punto di vista della personalità, giacché sul piano squisitamente tecnico gli appassionati di pallone hanno sempre nutrito pochissimi dubbi. Mezz’ora per deliziare la platea con dribbling, finte, cambi di passo destando l’impressione che il suo mancino potesse creare sempre qualcosa di pericoloso, un’attività riservata ai fuoriclasse che illuminano il campo: contro la Juventus una prestazione un po’ meno abbagliante ma più completa anche dal punto di vista della quantità che ha spostato da sola gli equilibri di un centrocampo i cui problemi sono già stati evidenziati. Per Ricky parte forse l’ultimo treno in nerazzurro e questa volta sembra proprio che l’argentino non solo ci voglia salire, ma voglia anche occupare un posto in prima classe: Siamo pronti a maravillarci.

IL NUOVO CHE AVANZA – Nonostante i tempi magri, il primo mese della nuova Inter lascia in eredità il dolce gusto di un mercato che potrebbe essere stato finalmente azzeccato. Hugo Campagnaro é stato per distacco il migliore della spedizione, passando da nuovo acquisto a nuovo idolo in un batter d’occhio: arcigno, carismatico e generoso, il Toro di Moron é arrivato tardi alla ribalta dei grandi palcoscenici e a costo zero in nerazzurro come sintomo che negli ambienti di mercato nerazzurri qualcosa di positivo, almeno per quanto visto finora, succede ancora. Bene anche Belfodil, che nonostante l’imponente stazza, il penalizzante Ramadan e la verde età ha mostrato sul campo le caratteristiche dell’attaccante capace di far salire la squadra che all’Inter mancava dall’infortunio di Milito. Può e deve migliorare sottoporta per capitalizzare la sua mole di lavoro lontano dal bersaglio grosso e dare un contributo decisivo anche dal punto di vista dei risultati quando si farà sul serio. Chi la porta sembra vederla benissimo é Mauro Icardi: solo un salvataggio sulla linea e una traversa gli hanno negato ieri il bersaglio, centrato con movimenti in anticipo e stacchi aerei che all’Inter non si vedevano dai tempi di Hernan Crespo. Rispetto a Belfodil, per l’argentino il problema é inverso: come i grandi bomber alla Trezeguet, l’impressione è che in futuro Icardi possa rasentare l’invisibilità per gran parte del match ma che possa nel contempo cambiare il trend di una partita se riceve la palla giusta dalle retrovie. Trovare un terminale a cui il convalescente Milito faccia da chioccia fino al suo rientro a pieno regime sarebbe oro per questa squadra, che anche ieri ha dimostrato di poterci essere sottoporta se schierata in modo tale da coinvolgere più interpreti possibili in fase offensiva.

Si torna dunque in Italia con il blocchetto degli appunti stracolmo di idee e di segnali per il futuro: tra due settimane si farà già sul serio e questa strana e pericolosa assuefazione alla sconfitta, sul campo e nel mercato, che abbiamo ereditato dalla precedente gestione va invertita subito per apparecchiare la tavola ad una stagione che non può nemmeno lontanamente somigliare alla precedente. “Essere nerazzurri é un traguardo, un segno di eccellenza“, diceva il compianto Giacinto Facchetti e tutti noi non possiamo che allinearci e imprimere la nostra fiducia nell’Inter che verrà. In attesa che sia il campo a raccontare una storia a lieto fine.