21 Maggio 2020

Branca: “Fu Moratti a scegliere Mourinho. Il mio addio? Non aveva più senso restare, vi spiego perché”

L'ex ds nerazzurro svela i retroscena sull'arrivo dello Special One

E’ stata un’intuizione del presidente Massimo Moratti, quella di portare all’Inter nell’estate del 2008 lo Special One José Mourinho. Una mossa senz’altro azzardata ma coraggiosa, che ha permesso al club di tornare sul tetto d’Europa e conquistare lo storico Triplete. Come raccontato da Marco Branca nella seconda parte dell’intervista, invece, per quanto riguarda l’addio precedente di Roberto Mancini non fu assolutamente semplice, ma per fortuna alla fine si rivelò la scelto più azzeccata.

Mourinho chi lo aveva voluto?
“Solitamente l’allenatore è indicato dalla proprietà, fu Moratti a dirci ‘prendiamolo’, gli piaceva già dai tempi del Porto, quando poi il Chelsea lo licenziò nel settembre 2007 capimmo che era il momento per portarlo all’Inter”.

Separarsi da Roberto Mancini dopo quattro anni e tre scudetti consecutivi come è stato?
“Una scelta, una scelta che alla fine dei conti è andata bene. A suo modo è statolo stesso quando Mourinho è passato al Real Madrid. Noi lo sapevamo da tempo, ma abbiamo sempre mantenuto il riserbo. Lui ha accettato di andare perché in quel momento storico era giusto farlo. Noi non abbiamo forzato la mano per trattenerlo o fargli cambiare idea, anche per l’eccellente rapporto che c’era fra di noi”.

Chi è davvero lo Special One?
“Un uomo che apprezza l’attaccamento e la professionalità di quanti lavorano con lui: si nutre di passioni e ti contagia. Quando ha intorno persone con la sua stessa motivazione è capace di risultati impensabili. Andate a farvi un’analisi tecnica e caratteriale di quelli che abbiamo preso e che ci hanno portato al Triplete. Milito e Thiago Motta, scartato da Atletico, Barça, Portsmouth, dovevano far vedere che erano da grande squadra non solo da Genoa; Lucio era furibondo perché cacciato dal Bayern; Sneijder era stato scaricato dal Real; Eto’o era stato accantonato da Guardiola e poi è venuto da noi e ha fatto il secondo Triplete consecutivo. E Pandev? Già ci interessava portarlo a Milano il giugno successivo, ma poi a gennaio abbiamo colto l’occasione. È arrivato che era incazzato nero, alla Lazio era fuori rosa e non giocava da 7mesi: con noi è stato sempre in campo e decisivo. Avevamo una squadra di alta qualità e anche di gente calcisticamente arrabbiata”.

Con Pandev è stato varato il passaggio definitivo al 4-2-3-1.
“Josè ci pensava da parecchio, lo aveva già provato in corsa altre volte ma ha valutato che gli ottavi di ritorno di Champions in casa del Chelsea, il 16 marzo, fosse la partita propizia perché aveva visto la squadra nelle condizioni fisiche e mentali ottimali per farlo”.

Eppure l’Inter veniva dal pesante ko di Catania in campionato, 3-1 per i siciliani.
“Esatto, e da una delle poche ma micidiali sfuriate lucide di Josè. Ne avrà fatte tre o quattro, non di più. Io ricordo quella nell’intervallo a Kiev, quando stavamo perdendo 1-0 con la Dynamo ed eravamo con un piede fuori dalla Champions a novembre. Era trasfigurato, così furioso che ha distrutto un lettino da massaggi, di ferro, pesantissimo, non so come abbia fatto. Poi la rete di Milito all’86’ e la zampata di Sneijder all’89’ per il 2-1 finale. Il resto è storia”.

Branca, come mai ha lasciato l’Inter?
“Me ne sono andato nel febbraio 2014 pochi mesi dopo l’addio del presidente Moratti. Non aveva più senso per me restare, era il punto di riferimento fondamentale, sono stato anche suo giocatore, quando mi ha voluto in società mi ha fatto capo degli osservatori e a 38 anni il ds più giovane. Lavorare per lui è stato un piacere perché ha passione, è intenditore di calcio e persona di grande stile”.

Lei ha 55 anni, ma è ‘fermo’, eppure in otto stagioni da dirigente ha vinto 15 titoli.
“Oggi faccio l’osservatore, vivo in Svizzera, aspetto l’opportunità giusta. Un paio di volte sono stato vicino alla Roma, ma per fare le cose bisogna essere in due”.

I cinesi riporteranno l’Inter al Triplete?
“Per loro la parte più difficile è capire come funziona il calcio italiano e cosa chiede: vengono da un altro stile di vita e di ragionamento, auguro il meglio a loro e al club”.

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