24 Aprile 2018

Gianfelice Facchetti: “L’Inter è un club sempre in anticipo sui tempi. Milano? Città che ti accoglie, lo fece anche con mio padre”

Il figlio del compianto Giacinto ha parlato in questo modo dalle colonne del Corriere della Sera

Dalle colonne del Corriere della Sera, giornale per il quale collabora, Gianfelice Facchetti, figlio dell’ex capitano nerazzurro Giacinto, ha parlato di diversi temi quali la sua amata Inter, la città di Milano ed alcuni suoi progetti personali, come quello legato al libro sui 110 anni dell’Inter, per il quale ha collaborato: “Lavorando a quell’opera ho scoperto che già dall’atto della fondazione l’Inter è sempre stata una squadra all’avanguardia. Nasce non per lotte di potere, ma perché una quarantina di dissidenti vuole aprire le porte agli stranieri. Cosa che causa un cortocircuito e la scissione dal Milan. Da cui il nome: Internazionale. C’è una predisposizione letteraria negli interisti, uno spirito critico, una sete di conoscenza che mi hanno sempre colpito perché li porta, anche nei momenti più bui e difficili, a guardare con interesse a ogni libro, a ogni pubblicazione che riguardi la storia della loro squadra”.

“La conferma che si tratta di un club sempre in anticipo sui tempi e che prima degli altri si fa portavoce di idee innovative e rivoluzionarie – prosegue Gianfelice – Senza perdere mai l’occasione di lasciare un segno indelebile nel tempo in cui vive. Come quando nel 1909-1910 vince il primo torneo che assomiglia a un vero Campionato o cento anni dopo fa l’en plein portando a casa in una volta sola scudetto, Coppa Italia e Champions League”.

Ed il suo primo ricordo? “Si riferisce non allo stadio, ma al luogo in cui l’Inter si allenava. Avrò avuto 3 o 4 anni e per la prima volta mi trovavo vicino a veri giocatori. Li vedevo giganteschi, invulnerabili, eroici, ma nello stesso alla mia portata perché, come me, giocavano al pallone”.

Il legame con la città di Milano, invece, lo racconta così: “Le sono molto legato da quando, dopo i 20 anni, mi ci sono trasferito ed è diventata un pezzo del mio cuore. Perché Milano è una città che ti accoglie, ti ospita e ti promuove. Accadde a mio padre quando da Treviglio andò ad allenarsi nel campo di via Rogoredo e lì incontrò Giuseppe Meazza che lo scelse. E si ripetè nel 2006, ai suoi funerali. Lui non aveva mai abitato qui, ma i milanesi lo consideravano uno di loro. Quel giorno si respirava un forte senso di gratitudine e di compostezza. Era toccante vedere che pur in mezzo al traffico, alla frenesia del lavoro una parte della città riusciva a rallentare e che molti milanisti erano venuti a salutarlo. Un ricordo che conservo gelosamente: l’immagine di una città resa grande dalle sue due anime calcistiche. Anche se rivali”.

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