28 Maggio 2018

L’Intertinente – Maturità, solidità, classifica: ecco perché la Champions League non è un miracolo per l’Inter

Una rubrica per rafforzare un concetto: l’impertinenza di essere nerazzurri

Una premessa è d’obbligo: per quanto espresso in termini di qualità, di compattezza, di garanzia tecnico-tattica, e di individualità, la Lazio non avrebbe meritato l’esclusione dalla prossima edizione della Champions League. Ponendo per assurdo che Milinkovic-Savic, Luis Alberto, Immobile, e le altre punte di diamante di una formazione magistralmente collaudata e gestita da Simone Inzaghi continuino a sposare il progetto biancoceleste, la squadra capitolina sarebbe sicuramente stata in lizza per contendere un posto agli ottavi di finale a qualsiasi compagine europea.

Quindi, ogni riflessione sulla iniquità di assistere prossimamente ad un’Inter fra le grandi del Vecchio Continente, e agli Aquilotti che dovranno accontentarsi di un accesso diretto all’Europa League, può essere sorretta soltanto da questo iniziale inciso, perché l’evidenza dei fatti esplicita ben altro, e le statistiche di un’intera stagione supportano l’idea che Spalletti abbia pertinentemente conquistato l’ambita posta in palio. Prima di esporre quanto seguirà, però, è opportuno aggiungere un’ulteriore postilla: nel corso dei 180 minuti tra andata e ritorno, la Lazio ha mostrato una maggiore e migliore capacità di occupazione del terreno di gioco e una concreta fluidità di manovra, che hanno messo alle corde l’Inter sia a San Siro che all’Olimpico, e che avrebbero potuto legittimare due vittorie a tinte biancocelesti.

Comunque, alla Lazio è mancata la maturità nei momenti decisivi – che ai nerazzurri è stata instillata inevitabilmente ed incontrovertibilmente da Spalletti -, ed è stato proprio Inzaghi a riscontrarlo nelle interviste post-partita: la finale di Coppa Italia sfuggita ai rigori contro il Milan, la marcatura di Dybala oltre il tempo di recupero, la caduta a Salisburgo, e appunto la rimonta dell’Inter, mal si combinano con l’unica sconfitta della Beneamata nei confronti diretti con cinque delle prime sei della graduatoria, per altro maturata in circostanze che hanno suscitato diverso scalpore ed aspro sgomento nelle settimane seguenti.

Poi, un’eccessiva gracilità difensiva ha inchiodato gli uomini di Inzaghi ad una passività di 49 reti, non potendo dunque reggere il raffronto con la solidità offerta dalla retroguardia neroblu e da Handanovic che, agli ordini dell’allenatore di Certaldo, hanno raccolto 30 palloni in fondo al sacco, assestandosi come  miglior reparto arretrato della Serie A. In pratica, numeri che – giusto per intenderci – non sono appartenuti nemmeno all’Inter griffata José Mourinho, ove la corazzata del portoghese incassò 2 e 4 goal in più degli imprevedibili ed incostanti smilzi di Spalletti, rispettivamente nelle annate 2008/2009 e 2009/2010.

Di seguito, non può passare in sordina il netto incremento di punti dell’Internazionale dal maggio scorso: il +10 in classifica rispetto al 2016/2017 – nonché il +16 sul 2012/2013, quale peggior disastro dell’ultimo settennato – è un dato schiacciante sui progressi effettuati, senza contare i ripetuti scivoloni – dai due col Sassuolo, sino al crollo casalingo a vantaggio dell’Udinese e all’abominio di Marassi al cospetto del Genoa – che hanno impedito di arrotondare consistentemente il bottino. Inoltre, non si dimentichi che la banda Spalletti ha occupato ininterrottamente una della prime quattro posizioni dalla alla 31ª giornata, restando ai margini solo nella volata finale.

Ergo, accantonando polemiche sterili e pretestuose tesi che annebbiano ed allontanano dalla realtà degli accadimenti, per il futuro immediato – che porrà l’Inter davanti ad avversari di rango superiore a quelli affrontati nel recente passato -, c’è solo da sperare che il Biscione contribuisca a giungere in soccorso del Calcio Italiano, in debito di competitività e bisogno di destarsi ancora, a fronte della vanificata partecipazione al Mondiale e della latitanza di successi internazionali a livello di club. Insieme all’opinione pubblica, si spera lo capiscano pure i cinesi.

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