30 Luglio 2017

Thohir: “Dobbiamo essere intelligenti sul mercato, spendere molto non porta allo Scudetto”

Il presidente dell'Inter, intervistato, ha parlato dell'accordo con la Uefa, di Suning e dei piani del club

Dall’hotel Mandarin Oriental, che ha anche ospitato la comitiva nerazzurra di Luciano Spalletti, il presidente dell’Inter, Erick Thohir, ha concesso una lunga intervista ai microfoni di The Straits Times. L’indonesiano ha esordito parlando del discusso settlement agreement con l’Uefa“Se vi ricordate, quando sono entrato nell’Inter nel 2013, abbiamo firmato il patto per il Financial Fair Play. Quest’anno dobbiamo bilanciare le entrate e le uscite dei giocatori: l’Inter è in un momento di transizione. Il Milan? Loro hanno una strategia diversa per via del nuovo investitore. La squadra che avevano allestito prima è una squadra in cui non credono”.

“Quando sono arrivato — ha continuato il numero uno nerazzurro —, molti dei nostri giocatori erano in là con l’età, vedi Javier Zanetti, Esteban Cambiasso, Walter Samuel, Cristian Chivu. Per questo abbiamo acquistato giocatori come Danilo D’Ambrosio, Gary Medel, Ivan Perisic e Geoffrey Kondogbia per sostituirli”.

L’Inter ha 106 milioni di sostenitori in Cina, a riportarlo è uno studio pubblicato lo scorso anno dalla società di consulenza Nielsen Group, questo ha di certo facilitato l’ingresso nel club di Suning. “È la verità. L’Inter ha almeno 105 milioni di fan in Cina e tutti guardano alla Cina come il grande mercato; per questo, dopo tre anni in Inter, ho deciso che fosse giusto avere partner cinesi. Ora le entrate del club sono più alte grazie al mercato cinese e anche per l’aiuto di Suning, in quanto sono i più grandi rivenditori della Cina. Queste sono le cose che stanno creando più reddito per l’Inter. Suning ha triplicato il nostro budget: ci hanno portato Joao Mario, Antonio Candreva, Gabigol e Roberto Gagliardini. Dobbiamo essere intelligenti sul mercato. Spendere molti soldi non ti garantirà lo Scudetto. Devi essere intelligente” ha confermato ET.

QUANDO “ET” SI TRAVESTÌ DA CAPO ULTRÀ