19 Maggio 2018

L’Intertinente – Icardi, Cancelo, Rafinha, la Champions: segnali di un’Inter che vuole tornare grande

Una rubrica per rafforzare un concetto: l’impertinenza di essere nerazzurri

Le lacrime che hanno irrorato il prato del Meazza – subito dopo il fischio finale di una Caporetto calcistica che avrebbe potuto sancire la resa delle speranze di (minima) gloria per occupare uno spazio nell’Europa dei grandi, nel mezzo di Cristiano Ronaldo e di Salah -, potrebbero essere il segnale di un’Inter che si riappropria di un’identità tanto invocata e mai ravvisata nelle recentissime stagioni. Dallo sfogo frustrato di Icardi contro la Juventus, fino al commovente pianto di Cancelo sabato scorso: indizi che prefigurano una dedizione alla causa non pervenuta da ormai quasi un decennio.

Sebbene ciò, il futuro dei succitati è, però, tempestato da dubbi ed opacità, per loro diretta responsabilità oppure per circostanze traverse: l’attaccante argentino è preda delle potenziali (e non ancora formalizzate) adulazioni del Real Madrid e/o di chiunque abbia bussato alla porta di Ausilio, mentre il laterale portoghese è in attesa di veder cessare le titubanze societarie sul suo riscatto, che stonano con la volontà del ragazzo e non danno merito alla dedizione da lui impiegata nella seconda parte di campionato.

Sul primo, ci sarebbe da comprendere chi possa accollarsi un esborso così oneroso per una punta di razza – nel senso stretto del termine – con una media realizzativa certamente imponente, ma che ancora non annovera un trofeo nel palmares personale, con un’età che non può più essere un’attenuante, e malgrado annate trascorse in una squadra figlia della negligenza e vittima della fragilità, di cui avrebbe potuto appunto elevare le sorti, a fronte di un cartellino che cita 100 e più milioni di euro di valore.

Rispetto al secondo, invece, si persevera nel faticare a condividere le scelte della dirigenza: non c’è vincolo UEFA o impedimento tecno-burocratico che legittimi l’abbandono di una pedina che l’Inter sperava di assicurarsi da diverso tempo, esclusivamente per penuria di coperture monetarie. Nel pozzo nero dei Nagatomo, dei Jonathan, dei Pereira, degli Erkin (?), e – purtroppo, dispiace scriverlo – dei Dalbert, il lusitano è una colonna portante per l’Inter che verrà.

Nel mezzo, intanto, Rafinha si sta ritagliando spazi e sta calamitando credibilità verso di sé: sorvolando sulle due reti consecutive e sull’incidenza tecnico-tattica mostrata tramite la sua classe e la sua duttilità, la vena da traino carismatico nelle fasi convulse della sfida col Sassuolo, ha rimarcato una funzione ad oggi insostituibile per sbancare l’Olimpico di Roma. Indubbiamente, il trascorso in una delle compagini più vincenti dell’ultimo trentennio e le molteplici titolarità totalizzate proprio in maglia blaugrana, lo presentano come un profilo di inestimabile livello, altresì stupisce l’immedesimazione sfoggiata per il bene supremo della Beneamata; in pratica, la perfetta miscela per dichiarare battaglia alla Lazio.

Comunque, si badi bene a non contornare ulteriormente la partita di domani di una rilevanza che non le appartiene totalmente: benché la posta in palio preveda svariate decine di milioni che agevolerebbero a Suning ed associati una riguardosa programmazione economico-finanziaria e metterebbero a punto alcune operazioni di mercato in attesa di delineazione – vedi Cancelo e Rafinha -, senza contare che sarebbero ossigeno puro per le criticità di bilancio di Corso Vittorio Emanuele II, i 90’ minuti che aspetteranno la ciurma di Spalletti non assumono i tratti di un crocevia, bensì di un appuntamento da non fallire.

Inoltre, una menzione va posta sulle statistiche, dato che, ai punti, l’Inter abbia già disputato la più proficua stagione dal 2010/2011: i 69 prodotti dai mantra spallettiani sono un bottino unico e che dà un distacco (in alcuni casi) notevole ai precedenti del settennato post-mourinhano, con l’orizzonte della soglia 70 che da chimera potrebbe tramutarsi in concretezza. Domani, dunque, potrebbe essere eguagliato il miglior piazzamento dal maggio 2011, ove la seconda piazza di Leonardo “domina”: il quarto posto avrebbe un peso specifico maggiore di quello di Mancini del 2016, e proietterebbe l’Inter sullo sfondo di un avvenire variopinto. Tanti buoni motivi per onorare una Casacca imperiale.

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