Mourinho sergente di ferro: quando fece piangere Cristiano Ronaldo
Il croato racconta aneddoti e obiettivi rossoneri
In una lunga conversazione con il Corriere della Sera, Luka Modric ha spaziato tra ricordi del passato e ambizioni presenti. Il centrocampista del Milan ha toccato diversi temi, dalle esperienze vissute con allenatori importanti fino agli obiettivi stagionali in maglia rossonera.
Il croato non ha nascosto le ambizioni: “Al Milan si deve giocare sempre per vincere, solo per vincere”. Sulla possibilità di conquistare lo scudetto, Modric ha preferito la prudenza: “Vediamo se riusciamo a rifarlo. Siamo in una situazione buona di classifica, manca ancora molto e ci sono molte avversarie forti, ma può succedere. Mai dire mai”. Il centrocampista ha sottolineato i margini di crescita della squadra e il lavoro svolto dall’allenatore, ribadendo che l’obiettivo deve essere sempre puntare al massimo.
Tra i ricordi più significativi, quello legato a José Mourinho, descritto come “speciale” sia sul piano tecnico che umano. Fu proprio lo Special One a volerlo al Real Madrid, e senza di lui, ha ammesso Modric, probabilmente non sarebbe mai arrivato nella capitale spagnola. L’unico rimpianto è averlo avuto come allenatore per una sola stagione.
L’episodio più curioso riguarda proprio i metodi di Mourinho, definito il più duro tra gli allenatori avuti in carriera. Modric ha raccontato di averlo visto fare piangere Cristiano Ronaldo negli spogliatoi, rimproverandolo per non aver rincorso un terzino avversario in una circostanza. “Mourinho è molto diretto con i giocatori, ma è onesto”, ha spiegato il croato, sottolineando come trattasse tutti allo stesso modo, da Sergio Ramos all’ultimo arrivato.
Sul piano personale, Modric ha rivelato che il suo idolo, a parte Boban, era Francesco Totti. Guardando la Serie A da giovane, si diceva che quello era il calcio che voleva giocare. Ora, vestire la maglia del Milan rappresenta per lui la chiusura di un cerchio, ma con i piedi ben piantati nel presente: “Pensiamo giorno per giorno, nel calcio come nella vita non bisogna mai ragionare troppo sul futuro”.