24 Aprile 2023

Inzaghi va tenuto sulla panchina dell’Inter?

Re di Coppe, ma anche mister delusione in campionato: perché confermarlo e perché no

Simone Inzaghi, head coach of Fc Internazionale during the Uefa Champions League round of 16 first leg match between Fc Internazionale and Fc Porto on February 22, 2023 in Milano Italy .

La domanda è importante, la risposta ancora di più. Il dubbio ormai è diventato amletico e attanaglia dirigenza e tifosi interisti. Nella margherita del “M’ama non m’ama“, il popolo nerazzurro un giorno strappa il petalo della riconferma e il giorno dopo quello dell’esonero. Dopo quasi due anni, tre trofei conquistati e un finale di stagione – in bilico tra gloria e fallimento – ancora tutto da scrivere, l’interrogativo che ci poniamo è: Simone Inzaghi deve essere l’allenatore dell’Inter anche nel 2023/2024?

PERCHÉ SÌ

Partiamo dai fatti: è il tecnico più vincente dal post-Mourinho. Anzi, è l’unico – oltre ad Antonio Conte – ad aver alzato almeno un trofeo. Per la precisione, ben tre: Coppa Italia 2022 e le ultime due Supercoppe. E l’annata non è ancora finita: potrebbe arrivare il bis nella coppa nazionale e c’è sempre quella Champions che fa sognare ad occhi aperti. Già, perché Simone è stato anche in grado di riportare l’Inter prima agli ottavi dopo dieci anni d’assenza e poi ha compiuto l’impresa di farla tornare tra le migliori quattro d’Europa. Un traguardo impensabile anche solo qualche settimana fa. E che potrebbe diventare pure qualcosa di più: il raggiungimento della finale di Istanbul o chissà. Il derby con il Milan, per quanto “spaventoso” in caso di eventuale eliminazione, è totalmente alla portata: anzi, almeno sulla carta, i nerazzurri sono probabilmente più forti. Se arrivasse all’atto conclusivo della coppa più prestigiosa, sarebbe un ulteriore traguardo da aggiungere al suo percorso e un’altra valida argomentazione per la sua riconferma. Il tutto, poi, perdendo alla prima stagione giocatori fondamentali come Lukaku, Eriksen e Hakimi e dovendo convivere con mercati a costo zero e pochi desideri d’acquisto esauditi dalla società. E non va dimenticato il suo lato aziendalista, che permette non ci siano quei “rumori” interni fin troppo assordanti durante la gestione Conte: Simone si fa andar bene quello che ha o, al massimo, i panni sporchi li lava in famiglia. Non davanti ai microfoni. Per chiudere, c’è un aspetto importante da non tralasciare: quanto accaduto con gli “ex”. Pioli nella passata stagione e Spalletti (ormai manca solo la matematica) in questa si sono laureati campioni d’Italia con Milan e Napoli dopo gli esoneri – da alcuni ritenuti prematuri – avvenuti nel periodo nerazzurro. Forse, almeno questa volta, per evitare che Inzaghi diventi il terzo della lista, conviene aspettare ancora un po’ prima di prendere decisioni affrettate. E di cui c’è il rischio di pentirsi amaramente.

PERCHÉ NO

Ma nella luna Inzaghiana esiste anche una metà oscura. Che comincia dai fallimenti in campionato: l’anno scorso, con la rosa migliore (se non in assoluto, quantomeno rispetto al Milan), ha letteralmente buttato uno scudetto che sembrava già vinto. A febbraio, al minuto 74 del derby di ritorno, l’Inter è virtualmente a +10 sui cugini, secondi in classifica. Ma il suicidio prima all’interno della partita e poi della stagione permettono alla banda di Pioli di completare una rimonta che non sembrava possibile, soprattutto confrontando i giocatori e i periodi vissuti in precedenza dalle due squadre. E non è finita qui: quest’anno, Inzaghi è riuscito pure a fare peggio. Anzi, decisamente peggio. A sette giornate dalla fine, l’Inter – pure in questo caso probabilmente con la miglior rosa della Serie A – si trova al sesto posto, attualmente fuori dalla prossima Champions League e a -24 dal Napoli capolista. Un abisso inaccettabile. A cui vanno aggiunte le undici sconfitte solo in campionato: un’enormità, anche questa inammissibile. E pure negli aspetti extra-campo si rilevano due difetti non da poco. Il primo: spesso non sembra in grado di motivare i calciatori e di trasmettergli una mentalità vincente, qualità che invece rappresenta uno dei punti di forza del predecessore (oltre che di uno dei possibili sostituti) Antonio Conte. Il secondo: scuse, scuse, scuse. Sono quelle a cui si aggrappa praticamente dopo ogni sconfitta: attaccanti che non segnano, portieri avversari che parano, buone prestazioni solo fino a un certo punto. Banalità che non possono spiegare i disastri certificati da alcuni risultati. A volta servirebbe un’analisi critica e fare un po’ di mea culpa.

Non è facile stabilire da quale delle due parti penda la bilancia. Re delle Coppe da una lato, mister delusione in campionato dall’altro. La stagione non è ancora finita: si possono toccare sia le vette della gloria che il fondo del fallimento. Ma, a prescindere dai risultati e tenendo conto di quanto accaduto nel passato, forse Simone merita almeno un altro anno sulla panchina dell’Inter: le notti europee da sogno e l’incubo di un Pioli-Spalletti tris (campione d’Italia con un’altra squadra) sono impressi nelle menti del popolo interista. Che, in caso di riconferma, potrà poi dare un giudizio veramente definitivo sull’avventura nerazzurra di Inzaghi.