9 Febbraio 2021

Bellinazzo sugli stadi nuovi: “In Italia certi vincoli sembrano più dei pretesti per non fare nulla”

Il noto giornalista si esprime sulla questione relativa ai nuovi impianti

Intervenuto sulle frequenze di TMW Radio, il noto giornalista Marco Bellinazzo ha affrontato la questione relativa ai nuovi stadi di proprietà, la cui costruzione, in Italia, sembra sempre andare incontro a problematiche di diversa natura. Ecco la sua idea.

Burocrazia – “In Italia certi vincoli, più che una tutela, sembrano dei pretesti per non fare nulla. Va bene, ci può essere la concezione di una certa forma d’arte per gli stadi storici, ma si deve pensare anche alla funzione sociale degli stadi che possono riqualificare intere aree delle città, a differenza di vincoli storici che spesso lasciano il tempo che trovano”.

San Siro Inter

San Siro, Getty Images

Caso dello stadio Franchi – “Ho l’impressione che si siano un po’ incartati nella solita esigenza politica di non creare nuove strutture in determinate zone, perché magari non confacenti del tutto alle esigenze di chi ci abita. In certi disastri che solitamente accompagnano le opere pubbliche, con spreco di denaro e risorse, i vari comitati del no fioriscono. Gli stadi che si andranno a costruire non dovranno essere pensati solamente per la partita, ma non per questo diventare centri commerciali, anche se lo sono già. Dovranno entrare nel tessuto urbano offrendo servizi che non ci sono, aumentando il valore dell’area e fornendo elementi migliorativi per la vita delle persone. A quel punto si potrebbero superare anche i limiti architettonici e urbanistici”.

Volontà politica – “Sinceramente ho sempre pensato di sì e il mio sospetto in questi anni si è andato rinforzando con tante esperienze. Sono poche le realtà delle grandi piazze che sono riuscite a dotarsi di uno stadio. Non sono un talebano dei nuovi stadi, ma in una città come Roma, se il progetto è del 2014, ci si aspetta una risposta definitiva, nel bene o nel male. Se poi prevalgono gli interessi pubblici, l’opera si fa da un’altra parte. Il primo plastico è addirittura del 2012, non possiamo accettare ancora che sia normale così. Questa zona grigia fa perdere tempo e crea disincentivo, visto che a Roma non avranno uno stadio nuovo almeno per i prossimi cinque anni”.

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