21 Marzo 2021

Bergomi e gli aneddoti su Matthäus: “Al primo incontro mi offrì una birra. Con Conte avrebbe fatto 10 gol a campionato”

L'ex difensore nel giorno in cui l'ex compagno spegne 60 candeline

Stanno arrivando un fiume di auguri nei confronti di Lothar Matthäus nel giorno del suo 60esimo compleanno. Specialmente dal mondo Inter, sono stati tantissimi fino a questo momento i messaggi inviati verso l’ex centrocampista che con la maglia nerazzurra riuscì a vincere anche un Pallone d’Oro nel 1990. Tra questi, l’ex compagno e amico Beppe Bergomi lo ha ricordato tramite alcuni aneddoti questa mattina sulle pagine de La Gazzetta dello Sport: “Centrocampista dominante. Poteva giocare in tutti i ruoli. Velocità di base impressionante, poteva strappare in avanti e recuperare dietro. Con buona tecnica. Inoltre aveva la leadership naturale. Oggi non c’è un centrocampista alla Matthaus, per carisma, cambio di passo, senso del gol”.

Un fuoriclasse?
“Sono sempre un po’ parco nelle parole, quando si parla di campioni, ma su Lothar non c’è dubbio. Lo dico sempre, è il calciatore più forte con cui abbia giocato, indipendentemente dal nostro Ronaldo, che aveva tecnica e velocità. Ma la mentalità di Matthäus era unica. Tu gli dicevi, magari preoccupato: ‘Domani giochiamo a Lecce’. E lui: ‘E allora? Vinciamo, vinciamo’. E vincevamo. Eravamo a Belgrado, Coppa Uefa contro il Partizan. Perdevamo 1-0 su un campo indecente. Io ero lì con la testa bassa, mi guarda: ‘Cos’hai?’. ‘No, niente stavo pensando’. Lui replica: ‘Tranquillo, adesso faccio gol’. E lo fece davvero. Questo era Lothar”.

Lothar Matthäus, Getty Images

Era il momento del Milan «olandese» di Sacchi. Ma l’Inter riuscì a imporsi quando arrivarono lui e Brehme. Perché?
“Lui è stato per noi importante, avevamo una buona squadra, di nazionali italiani, ma avevamo bisogno dei campioni per vincere e il campione in assoluto era Lothar: ha fatto fare a tutti noi quel salto di qualità per poter imporsi in Italia e in Europa. Gliel’ho sempre riconosciuto. Poi caratterialmente era un po’ particolare, ma fa parte dell’estro dei vincenti. Io però gli ho sempre detto che doveva farsi voler bene un po’ di più e avrebbe fatto maggiormente la differenza, però l’ha fatta ugualmente perché era un grande professionista”.

Il primo impatto?
“Eravamo in ritiro a Varese, hotel datato, senza frigo bar. Quando arrivavano gli stranieri io facevo il giro nelle loro camere di sera per salutarli. Lothar e Brehme erano a letto, stavano studiando italiano: coltello, cucchiaio, termini base. Mi dicono: ‘Bevi birra?’. E io, stupito: ‘Come bevi birra?’. Vado in bagno, avevano riempito il lavandino di ghiaccio e birre. Ne abbiamo bevuta una, da buon inizio”.

Il rapporto con Trapattoni sulle differenze di visione tattica fu anche molto romanzato. Com’era?
“Buonissimo, il Trap era una persona super intelligente, non portava rancore mai, loro potevano anche avere una discussione tattica, Lothar aveva il suo carattere, ma Trap era troppo avanti, lo faceva parlare, lo faceva sfogare, ma poi continuava con le sue idee e abbiamo vinto in un periodo di concorrenza spietata”.

Quando Matthäus andò via, a 31 anni e con un infortunio al ginocchio, pensavate anche voi che fosse finito?
“Mai. E anche il presidente Pellegrini mi ha sempre detto di aver sbagliato. Avrebbe recuperato con quelle fibre muscolari e la determinazione. Lothar era irrequieto, non sapevi come fosse andata sul piano comportamentale, ma la società doveva avere pazienza”.

Nell’Inter di oggi dove potrebbe stare?
“Dove si vuole, sarebbe il centrocampista ideale. Sarebbe ancora il più forte. Davanti alla difesa? Perfetto. Mezzala? Anche. Come vuole Conte, farebbe 10 gol a campionato. Con un Matthäus l’Inter sarebbe la squadra più forte in assoluto”.

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