5 Maggio 2020

Cordoba: “Che fatica la semifinale con il Barcellona! Il ciclo vincente dell’Inter è iniziato con l’arrivo di Cuper”

L'ex difensore colombiano ripercorre i suoi fantastici anni in nerazzurro

Ivan Ramiro Cordoba è stato certamente uno dei calciatori più rappresentativi negli anni in cui l’Inter dominava in Italia e che, attraverso i successi, è tornata sul tetto del mondo nel 2010 con la vittoria della Champions League a Madrid. L’ex difensore colombiano, che oggi vive ancora in Italia, è stato ospite in collegamento internet su Inter TV insieme all’ex compagno e amico Juan Sebastian Veron. Dai primi trionfi nerazzurri alla Champions del 2010, ecco l’intervista di Cordoba.

Come hai trovato l’Inter all’inizio e come è cambiata?
“Da quando sono arrivato all’Inter ci sono stati tanti cambiamenti. Dall’arrivo di mister Cuper abbiamo cominciato a creare qualcosa di diverso, cercando obiettivi importanti. Ha portato una mentalità giusta, purtroppo c’è stato un periodo in cui le cose erano difficili, ma lì si son gettate le basi per fare un’Inter che potesse vincere a lungo. Quando penso a Veron, non dimentico mai il gol a Torino in Supercoppa, il nostro secondo trofeo importante dopo la Coppa Italia. Pupi era in Nazionale e la coppa l’ho alzata io. Vincendo quella abbiamo capito che dovevamo vincere ancora e in Supercoppa Italiana abbiamo fatto una partita pazzesca. Quella squadra ha fatto tutto ciò che poteva, e da lì ci sono stati altri giocatori ed esperienze che hanno dato la possibilità di continuare a vincere”.

Non erano male i cross che metteva in area Veron…
“C’era il Chino, Sinisa e Veron, fra questi tre dovevamo per forza fare gol. Credo che Seba per noi difensori era una valvola di sfogo, era una tranquillità. Quando recuperavamo pallone era già pronto a farsi vedere e smistare gioco. E’ stato uno dei primi playmaker a farlo, forse senza saperlo. Ma era così, lui veniva a cercare la palla e da lì iniziavamo a giocare. Abbiamo vissuto quell’epoca vincente, ma non lo avremmo fatto senza la giusta mentalità e senza la storia tramandata dal presidente Moratti. Per noi era molto chiaro, ti dava quel tipo di responsabilità aggiunta di andare in campo e vincere per lui e la sua famiglia. Questo ha fatto parte di una costruzione di una squadra che poi è arrivata dove è arrivata”.

Che giorno rivivresti nella tua carriera?
“Ci sono tante partite che hanno un significato speciale per quel momento lì. Per me ha tanto valore quella prima Coppa Italia perché ci siamo tolti un grosso peso di sopra. Era come vincere la Champions League, infatti il presidente aveva definito un po’ esagerati i nostri festeggiamenti. Ricordo che Seba correva dietro il presidente per riempirlo d’acqua, tutti erano stati bagnati”.

Che ricordi hai di Barcellona-Inter?
“Da quando hanno espulso Thiago Motta giocavamo solo da una parte del campo, sembrava un’esercitazione per la difesa. Quando il tifo del Barcellona non ti vuole far sentire niente, non senti niente. Quando è stato annullato il gol di Bojan non lo avevamo sentito, abbiamo rischiato l’infarto. Al fischio finale è stato tutto bello, poi hanno acceso l’acqua perché non sapevamo come mandarci via, invece è stato anche più bello. Sono quei momenti che ti rimangono nella mente per sempre. Doveva andare così, perdere 1-0 soffrendo, forse quello ci ha resi più forti e consapevoli per vincere la Champions League. In quell’anno il Barcellona era la squadra da battere, la più forte sulla carta. Poi ci sono quei dettagli su cui lavorava Mourinho che alla fine fanno la differenza”.

C’era tanta voglia di vincere in quella squadra?
“E’ il carattere dei giocatori che non vogliono vincere, che danno tutto in allenamento. Come quando sei piccolo e giochi per strada, è la mentalità di non voler lasciare niente. Magari se le cose vanno male alla minima arrabbiatura scatta la rissa, ma una squadra vuole sempre vincere insieme. E’ impossibile trovare una squadra solo di amici, ma quando si va in campo si capisce che tutti lottano per l’altro a morte. Questo fa la differenza tra una squadra che vuole vincere e una che vuole partecipare”.

Qual era il segreto del tuo colpo di testa?
“Fare tanti allenamenti per colpire di testa in diversi modi. Una cosa che mi ha aiutato tanto è il lavoro della caviglia. Facevo tanti esercizi con elastico, ripetute di forza. Quello mi ha dato la possibilità di mantenere una forza esplosiva che mi permetteva di fare quei salti. Poi alla fine diventa quella cosa che ti distingue dagli altri e ti permette di fare la differenza”.

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