1 Dicembre 2018

Zanetti: “All’Inter mi chiamano ancora capitano. Il mio sogno? Che domenica battiamo la Roma”

La seconda parte dell'intervista al vicepresidente nerazzurro a Verissimo

Javier Zanetti, vicepresidente dell’Inter, a Verissimo ha parlato della sua esperienza in nerazzurro e dei suoi sogni e aspettative per il futuro. Ecco le sue parole:

PARTENZA DALL’ARGENTINA – “Non mi aspettavo di partire dall’Argentina e arrivare a giocare subito nell’Inter e l’Inter è diventata la mia famiglia, sul profilo umano ha sempre un occhio di riguardo per questo ed è per questo che sono ancora qui“.

ADDIO – “Volevo che quella notte non finisse più, ho dormito pochissimo, sapevo che sarebbe stata una grande emozione. C’era la mia famiglia, c’erano tutti i miei tifosi e tutto quell’amore resterà sempre nel mio cuore”. 

SOPRANNOMI – “El Tractor è quello che avevo quando sono arrivato all’Inter. Pupi per la mia fondazione, il capitano e tutti mi chiamano così ancora oggi, diciamo che nessuno mi chiama vice presidente, ma va bene così“.
PANTALONI DI RICAMBIO“I muscoli delle gambe a volte mi fanno brutti scherzi e i pantaloni si strappano: diciamo che bisogna sempre avere un piano b”.
ESEMPIO – “Credo che siamo degli esempi per tanti bambini e il comportamento che abbiamo in campo e fuori lo vedono i bambini. Dobbiamo stare molto attenti, abbiamo una grande responsabilità“.

LITIGIO CON HODGSON – “All’inizio ho avuto un litigio con un allenatore, Hodgson, perché mi tolse da una finale in cui stavo giocando bene e non capii che mi tolse perché si stava per andare ai rigori. Aveva ragione lui, in quell’occasione ho sbagliato“.

DA GIOCATORE A DIRIGENTE – “E’ stata la cosa più difficile stare tutti i giorni con giacca e cravatta. Un’altra vita, mi volevo confrontare con un’altra tappa, poter conoscere un aspetto diverso dal calcio.Tutti pensavano che sarei stato legato alla parte solo sportiva, ma io volevo avere una visione a 360°, giro tanto per il mondo per valorizzare il brand dell’Inter, ci teniamo tanto per la crescita del club. Voglio anche trasmettere i valori che mi hanno accompagnato durante la mia carriera. Sono anche andato alla Bocconi perché era importante tornare a studiare all’università. Mi piace perché conosco un altro aspetto che mi arricchisce come persona, mi fa imparare tanto: spero di lasciare la mia impronta anche come dirigenza“.

ALLENATORE – “Non l’ho mai sentito, non ci ho mai pensato. Anche parlando con Paula, credo che il mio profilo sia più adeguato ad una carriera da dirigente che da allenatore“.

LIBRO – “Il messaggio che voglio trasmettere è che oltre alla competenza ci vogliono i valori umani per fare la differenza: questo mi ha aiutato come calciatore e mi sta aiutando come dirigente“.

SPOGLIATOIO – “Nei momenti di difficoltà sono i più complicati, a me da capitano piaceva il dialogo e quando c’era un problema lo affrontavamo tutti insieme pensando sempre e solo alla cosa più importante: il bene della squadra. Quando magari c’è un lungo periodo negativo, si facevano riunioni e parlavo per primo, ascoltavo i miei compagni e dopo si prendeva una decisione per il bene della squadra ed è quello che ti fa vincere. Facevo tanti scherzi, soprattutto a Nagatomo. Appena arrivato all’Inter, l’ho fatto cantare e ballare sulla panchina dello spogliatoio. Lui era appena arrivato e non poteva opporsi. Dopo siamo diventati tanti amici”.

SOGNO – “Innanzitutto la vittoria dell’Inter contro la Roma. Parlando seriamente, il sogno è la felicità dei miei bambini, che abbiano un grande futuro“.

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Autore:
Martina Napolano

Nata a Napoli nel 1996, è laureata in Culture digitali e della comunicazione. Innamorata del calcio, ma soprattutto dell'Inter. Scrive per Passione Inter dal 2014. Appassionata anche di Formula 1, spera di poter avere la gioia di veder vincere la Champions all'Inter e il Mondiale a Leclerc nello stesso anno.