Cinque cose che abbiamo imparato da Inter-Cremonese 4-1
L'analisi dopo lo strepitoso successo
Con la quinta vittoria di fila tra campionato e Champions, l’Inter arriva alla sosta di inizio ottobre con il morale altissimo. Contro la Cremonese, nel successo ottenuto ieri a San Siro per 4-1, si è vista probabilmente la miglior versione della formazione allenata da Cristian Chivu che inizia a mostrare sempre più le sue idee in campo.
Come di consueto, vi proponiamo la nostra analisi su cinque cose che abbiamo imparato dalla goleada dei nerazzurri al Meazza (QUI GLI HIGHLIGHTS DI INTER-CREMONESE 4-1).
1) Una prestazione cattiva, divertente, piena di ritmo e qualità. L’Inter chiude con la quinta vittoria consecutiva prima della sosta per le nazionali e lo fa con l’autorità di una grande squadra. Sembrava una di quelle serate anonime, una partita destinata a scorrere via senza lasciare tracce. Invece no, è stata una prova che ci consegna tanti spunti e conferme. La squadra di Chivu non solo vince, ma diverte, convince e domina. E per chi liquida tutto con un “era solo la Cremonese”, basterebbe ricordare che anche chi si chiama Milan ha lasciato punti contro squadre di questo livello. Questa Inter, invece, ha imparato a non sottovalutare nulla.
2) C’è un unico rammarico in una serata quasi perfetta: quel gol incassato nel finale, come un caffè amaro dopo un pasto delizioso. Diouf, entrato con buon piglio, si fa sorprendere portando troppo palla e concede il gol della bandiera agli ospiti. Un errore da giovane, nulla di più, ma che lascia quel piccolo fastidio nel vedere sfumare un altro clean sheet. Detto questo, i numeri raccontano tutto: 27 tiri dell’Inter contro i 3 della Cremonese. Una superiorità schiacciante, una dimostrazione di potenza offensiva e controllo totale del gioco. La piccola macchia non cancella il quadro.
3) La fotografia di questa gara è una sola: un’Inter che aggredisce altissima, recupera palla e va dritta in porta. L’azione del gol di Lautaro Martínez che sblocca il match è l’emblema di questa filosofia. Recupero immediato, combinazione rapida, conclusione precisa. Tutto in pochi secondi. La squadra di Chivu è diventata un meccanismo che soffoca gli avversari nella loro metà campo, senza pause, senza concedere respiro. È la sintesi del lavoro di questi mesi: pressione organizzata, sincronismi perfetti, mentalità feroce.
4) Senza Thuram, molti temevano una serata più complicata in avanti. Invece ecco la prima da titolare di Ange-Yoan Bonny, ed è stata clamorosa: un gol, tre assist e una prestazione da protagonista assoluto. Ma al di là dei numeri, colpisce la sensazione di un potenziale ancora inespresso. Il francese classe 2003 gioca con leggerezza, con istinto, ma si percepisce che ha ancora margini enormi. L’Inter ha scoperto una risorsa vera: giovane, potente, generoso. E soprattutto, una certezza in più in un reparto che finora sembrava avere gerarchie immutabili. Quanto è bello – e quanto è utile – avere alternative così pronte e decisive.
5) Le prestazioni individuali sono state tante e tutte sopra la media: Bonny, ovviamente, ma anche il solito Lautaro leader e trascinatore, Dimarco devastante sulla fascia, Bastoni preciso ed elegante, Frattesi sempre più dentro ai meccanismi. Ma un nome merita una menzione speciale: Nicolò Barella. Schierato nella cabina di regia al posto di Calhanoglu, ha interpretato il ruolo con intelligenza e intensità, alternando recuperi e verticalizzazioni, con la solita energia contagiosa. È il simbolo di un gruppo che sa adattarsi, cambiare interpreti senza perdere qualità. Una squadra che ha trovato equilibrio, convinzione e, soprattutto, una straordinaria varietà di soluzioni.